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Sorrisetti e battute prevedibili tra amici e colleghi… Le più gettonate sono cose tipo “Speriamo che poi ce facciano uscì…” come ovvio che fosse, del resto assistere ad un concerto in un carcere non è cosa da tutti i giorni e tra i pochi “civili” accreditati c’è un timido buon umore. Qui però fanno sul serio, ci sono due agenti che senza un minimo accenno di sorriso distribuiscono fogli sui quali apporre le proprie generalità e dichiarare eventuali precedenti penali… “Un po’ scadente come trappola…” E’ la prima cosa che ho pensato e che fortunatamente non ho detto. Ci fanno mettere in fila per consegnare documenti, cellulari e borse, una procedura piuttosto lenta e ansiosa, poi ecco che viene azionato il rumoroso motore che avvia la chiusura del cancello dietro di noi. E’ un rumore denso di sensazioni e impressioni disparate, ma finché il numero di volte in cui lo si ascolta non diventa dispari è tutto a posto... I civili si dispongono tra le prime tre file del teatro della Casa Circondariale di Rebibbia, intanto è da poco iniziato il soundcheck e l’acustica pare ottima, molto meglio che in certe vanagloriose venue capitoline. Il clima è quasi quello della gita scolastica, per i presenti ma anche per i detenuti, che iniziano ad entrare alla spicciolata prendendo posto dietro di noi.
“Queste per noi sono due ore di libertà.” E’ la frase più significativa che mi dice uno di quelli con cui mi sono presentato, probabilmente anche quella che racchiude tutto il senso di questa iniziativa. Purtroppo è ordine tassativo che il pubblico (tutto) rimanga seduto al proprio posto, comprensibile del resto, per quanto non abbia mai davvero temuto per la mia incolumità, non più che al concerto degli Slayer almeno. Il responsabile del carcere che ha dato vita all’iniziativa introduce i Giuda, descrivendone per sommi capi lo stile musicale, inquadrato come “glam-rock”. Glam-rock già, quello vero però, Inghilterra fine anni 70, non i buffoni degli anni 80. Per chi non conoscesse i Giuda infatti si potrebbe dire di immaginare il sound dei T-Rex applicato con la veemenza degli Hives. Il risultato è una bomba atomica senza precedenti, il cui botto non riecheggia soltanto in Italia, bensì inizia a far tremare i muri anche nel resto d’Europa. Le ottime recensioni sui Giuda da parte della stampa specializzata britannica infatti sono un grande traguardo, forse l’eccezione che conferma la regola, ma un segnale importante in ogni caso. Ho sempre pensato che dall’estero ci schifassero quando provavamo a sfidarli sul loro campo, con la “loro musica”, come se avessimo la stessa credibilità di un cinese che suona la tarantella, anche se bravissimo. Stavolta no. Tanti indizi che conducono ad una sola sentenza, i Giuda sono probabilmente la realtà più interessante e audace che abbiamo in questo momento e come tale va sostenuta. Il sostegno non gli è certo mancato anche “dietro le sbarre” di Rebibbia, tra urla festanti, applausi e cori di tutti i presenti, fin dal primo pezzo Roller Skates Rule O.K., apripista di un live-set serratissimo, stile Ramones.
Niente fronzoli o frasi di circostanza, neppure un accenno a Johnny Cash (sarebbe risultato troppo didascalico e “chiamato” forse, anche se Cash va sempre bene) solo rock’n’roll! Finché gli schemi non saltano... come giusto che sia e come il rock’n’roll (quello vero) impone, infatti sul finale di Hey Hey si alzano tutti, si salta, si sbraccia, è il trionfo... per qualche istante, una vera liberazione per tutti. Gli agenti richiamano il pubblico all’ordine e ci fanno rimettere a sedere, ma dura poco, ormai siamo in combutta e ci stiamo dentro fino al collo. Da dietro ci dicono “Se vi alzate voi fanno alzare pure noi...” e noi per tutta risposta appena parte Here Comes Saturday Night come primo bis riscattiamo in piedi festanti. E’ un fuoco di paglia però, presto domato dai “secondini” che iniziano a farci sentire letteralmente tra incudine e martello, perché da un lato i detenuti ci chiedono esplicitamente ed insistentemente di alzarci, ma dall’altro gli agenti lo vietano. Fortunatamente sulla coda dell’ultimo pezzo, Roll On, possiamo nuovamente rialzarci per l’applauso finale e tirarci fuori dall’impaccio.
E’ tempo di andare, chi a casa e chi in cella, ma i detenuti se ne vanno soddisfatti, i Giuda sono stati pane per i loro denti, un gruppo con le palle che fumano e che, come una locomotiva, spero traini tante altre band con il loro stesso spirito.
Twitter: @MrNickMatt
Articolo del
14/12/2013 -
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