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Quanti ne ha visti la pizzeria del Circolo degli Artisti… I più “vip” magari si accomodano nella sala un po’ più a riparo da occhi indiscreti, i Wooden Shjips invece no. Evidentemente bramosi di fare una scorpacciata di pizza, si sono piazzati al primo tavolo libero e, mentre mangiano, tutti quelli che fanno la fila per comprare il biglietto alla cassa gli sfilano davanti e li salutano. I membri del quartetto di San Francisco ricambiano divertiti, come se fossero esposti in una vetrina. Né la pioggia, né la Champions League hanno impedito che il Circolo venisse riempito a dovere, del resto la programmazione passata, presente e futura sta dando abbondantemente spazio ai migliori interpreti della scena psych globale, ottenendo una risposta di pubblico sempre ottima.
I Wooden Shjips sono tipi alla mano, lo si è visto prima e lo si riscontra sul palco. Non si vendono con frasi e saluti strappa-applausi e magari “eccedono” nella concentrazione, che lascia uno spazio pressoché nullo alla presenza scenica. I quattro salgono, fanno la loro cosa e se ne vanno, con il minimo sindacale di ringraziamenti e saluti. Non che sia un problema, perché quando ad un concerto c’è “la sostanza” (a libera interpretazione) il resto diventa un orpello, tuttavia un po’ di “sano fomento” avrebbe reso il clima probabilmente più elettrico.
Si possono fare diverse considerazioni sul sound di Ripley Johnson e soci, a partire dall’accusa di monotonia, che in effetti è un aspetto abbastanza lampante della loro produzione. C’è da dire anche che, visto il genere affrontato, per godersi appieno la performance è necessaria una predisposizione di base a perdersi in un personale “viaggio”, sospeso tra conscio ed inconscio. La ricetta dei brani dei Wooden Shjips è semplice, la “ciccia” viene fatta fondamentalmente da Dustin Jermier al basso e da Timothy Nash Whalen alle tastiere; quest’ultimo in particolare che conferisce un minimo di dinamica ai brani, pur mantenendo inalterato il mood e la sonorità 60’s da vero nostalgico dei tempi che furono. Su questo solido muro sonoro si incastra una batteria sempre ritmata e minimalissima, composta solo da cassa, rullante e due piatti. Su questi presupposti si basa l’unica vera “variabile”, che poi in realtà non varia mai nella forma o nell’approccio, rappresentata dalla chitarra di Ripley Johnson. Johnson non fa riff e quando accompagna si nota appena, da lui arrivano quasi soltanto assoli, di gusto pregevole sebbene sempre della stessa pasta.
La fortuna della band sta nel riuscire ad evocare un certo tipo di atmosfera vintage richiamandone i suoni e comunque privilegiando l’esecuzione dei brani più movimentati e ballabili, come accaduto con quelli estratti dall’ultimo album Back To The Land, eseguito praticamente per intero.
Twitter: @MrNickMatt
(Nella foto: i Wooden Shjips e l'Autore con in mano un loro LP)
Articolo del
27/02/2014 -
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