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Il Primo Maggio è stato ovunque. Il senso del primo maggio lo si è respirato, per la seconda volta, nel Parco Archeologico delle Mura Greche di Taranto, in un’aria dolceamara. Pubblico quasi triplicato dallo scorso anno, si è arrivati ad oltre 100mila spettatori. Niente sindacati, urla vere e gesta nobili per la festa dei “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” che hanno contribuito con la vendita al pubblico di magliette e vino, all’autofinanziamento dell’evento, e alla campagna per l’acquisto di un emogasometro per l’ospedale “Moscati” di Taranto. Gli artisti si sono esibiti senza cachet. Direttori artistici Roy Paci e Michele Riondino, il giovane Montalbano cresciuto all’ombra dei Tamburi, il quartiere a ridosso dell’Ilva. Padroni di casa, in una conduzione corale, Riondino, la giornalista Valentina Petrini, Luca Barbarossa e Andrea Rivera che non si è risparmiato in apprezzati monologhi.
Gioia e dolore ad intermittenza a tremila watt. Infangati dalla pioggia che ha ridotto l’area in una valle, all’apertura, l’esibizione di un Caparezza ricoperto di edera che ha esordito: “Noi saremo la linfa di Taranto”. Ed è risorto il sole (le metafore a volte tramano da sè). Il Capa ha regalato un trittico inaugurato da Non me lo posso permettere, dal nuovo album Museica (figlio di un operaio, ha commentato: “Per me era un dovere essere qui”) e conclusosi con Vieni a ballare in Puglia e La fine di Gaia. Tra le band della prima parte - importante la presenza dal Sud, per questioni logistiche - gli Après la Class, Stip ca Groove, Insintesi, Grazia Negro e Donna Luminal, La Municipale Balcanica e i Nobraino. Il carismatico leader dei Nobraino, Lorenzo Kruger, ha eseguito per la prima volta La fabbrica dei veleni, nata dalla collaborazione con alcuni ragazzi della provincia tarantina, di Mottola, durante un concerto dello scorso anno.
Nella seconda parte, tra gli altri, una delle migliori esibizioni, quella ‘alt folk’ di Francesco Forni e Ilaria Graziano, il ritorno a casa di Diodato, che ha dedicato alla sua Taranto il brano sanremese Babilonia e l’intensità della Mannoia (alla sua seconda partecipazione, ormai madrina conclamata dell’evento). A seguire un Vinicio Capossela in camicia rossa e Birra Raffo in mano, con la sua Banda della Posta, presentato da una lettera scritta tempo fa: “Una festa non risolve le cose, ma il tempo della festa è il tempo del sacro, il tempo sottratto alle leggi dell’utile, il tempo in cui ricordiamo di essere uomini. Faremo alzare insieme a tutti gli altri un po’ di polvere, per aprire un poco questa nube di veleno che ha oscurato la Magna Grecia”. E difatti, dopo Inno della repubblica, l’omaggio a Enzo Del Re, ha concluso chiamando sul palco Roy Paci, che lo ha accompagnato alla tromba e in un improvvisato valzer ("Questo è un umo vivo”, ha tuonato) interpretando Un uomo vivo (inno alla gioia).
Nella terza parte si è ballato ‘di rabbia ed energia’ con la tarantina Mama Marjas accompagnata da Miss Mykela e Dj Don Ciccio. Marjas ha poi accompagnato - l’incastro era perfetto - l’esibizione de “o Zulù” dei 99 Posse, riproponendo anche la versione riarrangiata di Curre curre guagliò, la migliore di quelle riprodotte per il ventennale, dai 99. Dj Don Ciccio ha ribadito l’importanza di riuscire a resistere nel proprio territorio anche con la musica, e lui ne è un esempio nei fatti con l’etichetta discografica reggae “Love University Records” made in Taranto. A seguire, rime feroci in dialetto tarantino col rapper Fido Guido. Essenziale e cadenzata da un rock intimista, l’esibizione di Paola Turci, che ha concluso con una chitarra ormai ridotta a 5 corde, interpretando una cover di Dio come ti amo. Dopo i Tre Allegri Ragazzi Morti, gli Afterhours, con scaletta e prestazione mozzafiato: “Non ha più senso festeggiare un primo maggio in cui si finge di ricordarsi del lavoro, qui il problema si tocca con mano”.
In questi casi bisognerebbe concentrarsi sulla musica, ma lo scenario se pure ne ha goduto, non ha potuto sentire suono più forte e pesante nelle casse delle parole dei “Bambini e lavoratori liberi e pensanti”, delle urla di speranza degli ammalati che hanno preso la parola sul palco, di uno dei medici della Terra dei Fuochi, della coraggiosa Tina de “Crotone ci mette la faccia”, dei “No Triv Basilicata”, “No a Carbone di Brindisi” , di Trieste e di tante altre realtà che hanno fatto sforare una scaletta debordante. Tutte distrutte dal ricatto occupazionale, tutte distrutte da un’aria “sporca”. Realtà che, a sentirne parlare sortiscono un effetto, ma a sentirle colare come lava dalle bocche dei diritti interessati, fanno tutto un altro rimbombo. Per info: http://liberiepensanti.altervista.org/
Articolo del
07/05/2014 -
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