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Ben Harper
Ben Harper live @ Auditorium Parco Della Musica, Sala Santa Cecilia - Roma, 11 maggio 2014
Roma
11/05/2014
di
Giuseppe Celano
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Ben Harper è un uomo molto spirituale, buon per lui. È anche un grande musicista dal cuore immenso, questo invece va bene per noi. Il riccioluto chitarrista, salito all’empireo del rock con Fight For Your Mind ma già sulla bocca di molti con Welcome To The Cruel World di gran lunga superiore per intensità e songwriting, catapultato verso una carriera ventennale e milionaria che non gli ha fatto perdere la bussola né montato la testa, stasera è di scena all’Auditorium Parco della Musica.
Sono le 21.20 quando sul palco, dalla scenografia spartana, presentandosi in camicia azzurra jeans e cappello, sempre magro e dallo sguardo un po’ allampanato. È inutile sottolineare, ma lo faremo, che il pubblico femminile è letteralmente in visibilio: urla spellandosi le mani, emette gridolini di piacere anche fuori luogo tanto da costringere il singer a far cenni di diniego con la testa durante il suo Power Of Gospel cantato lontano dai microfoni e dedicato a quella parte della sala in alto opposta alla platea che sta vedendo il suo beniamino praticamente di spalle.
Ben suona per tre ore parlando d’amore e di curiosità, la sua è sapere come ci si sente a essere cittadini della città più bella al mondo. In questo caso Roma (chissà perché ma ce lo aspettavamo dal suo tenero paraculismo). Mentre chiacchiera amabilmente con gli astanti molto interattivi, cambia chitarra per ogni brano. La scaletta è basata sui super classici che vanno da Hey Mr. a Roses From My Friend, passando per Hearts Of Gold fino alla cover dei Mazzy Star Fade Into You.
Il chitarrista statunitense passa dalla chitarra classica all'acustica, dalla lap steel guitar a una specie di ukulele alternando passaggi al pianoforte a muro e a coda che userà per un brano con la madre Ellen chiamata in causa proprio perché oggi è la Festa della Mamma. Non mancano all’appello Diamonds On The Inside e With My Own Two Hands fino a Burn One Downa e Trust You To Dig My Grave (scritta a quattro mani con Charlie Musselwhite) senza dimenticare Walk Away e Suzie Blue con ukulele e senza microfoni.
Artisticamente il concerto appare impeccabile ma le sue tre ore spalmate - male - risultano ridondanti e l’effetto noia fa spesso capolino, anche a causa di una scaletta mal impostata che prevede canzoni molto lente e narcolettiche. I quattro brani, dico quattro, con Ellen e le successive parti strumentali uccidono lo spettacolo (carnale) a favore di un virtuosismo che Ben sfrutta continuamente impoverendone la forza. Il suo modo di stirare la voce fino al parossismo risulta, sulla lunga distanza, tedioso e ripetitivo. Passi l’allontanarsi dal microfono per ostentare le doti canore, va bene giocare con le corde vocali come fosse un gospel man in missione per conto di Dio (mi perdonino Jake e Elwood) ma su tre ore il giochetto è ridondante e indifendibile.
Bisogna ammettere, a onor di cronaca, che il pubblico è ancora lì, pronto a regalare ancora applausi alzandosi in piedi per l’ennesimo encore. Per quanto possiamo muovergli delle critiche, condivisibili o meno, sono i numeri a vincere, grandi numeri fatti di una platea stracolma e festante. Nonostante sia passata la mezzanotte di domenica e domani si lavori sono ancora tutti lì, alcuni presi da urgenti questioni di gabinetto da risolvere velocemente per rientrare in sala giusto in tempo per il 50° encore di Ben.
SETLIST:
Strut Welcome to the Cruel World #3 Roses from My Friends Excuse Me Mr. Fight Outta You Please Bleed Fade Into You (Mazzy Star) Don't Give Up on Me Now All My Heart Can Take Lifeline Diamonds On The Inside
Encore: City Of Dreams Learn It All Again Tomorrow Born To Love You
Encore 2: Trying Not to Fall In Love With You Better Way Amen Omen Walk Away Forever Trust You To Dig My Grave (Charlie Musselwhite) Hallelujah (Leonard Cohen)
Encore 3: Suzie Blue
Encore 4 Burn One Down With My Own Two Hands
Articolo del
12/05/2014 -
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