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Iron Maiden
Iron Maiden + Alter Bridge + Opeth + Black Stone Cherry + Extrema live @ Rock in Idro, Arena Joe Strummer - Bologna, 1° giugno 2014
Bologna
1/06/2014
di
Claudio Prandin
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Domenica 01/06/2014. Dopo l’annullamento per maltempo dello show di Fatboy Slim del venerdì e l’attesissimo concerto dei Pogues del sabato, la terza serata del Rock in Idro è dedicata all’Heavy Metal; all’Arena Joe Strummer di Bologna sotto un bellissimo sole estivo e davanti a 20.000 spettatori hanno aperto le danze gli Skillet e gli Hawk Eyes seguiti dai nostrani Extrema; Black Stone Cherry, Opeth e Alter Bridge hanno quindi scaldato il pubblico in attesa degli headliners, gli Iron Maiden.
Facendo un raffronto con un omologo concerto degli anni ’80 noto alcune importanti differenze: nelle retrovie vedo molte barbe imbiancate e molti capelli grigi spuntare dalle bandane; sotto il palco invece vedo molti giovani carichi ed emozionati; durante i concerti non si assiste al pogo estremo e guerriero di venti anni fa ma uno “scatenarsi” più intelligente e più votato al mero divertimento che all’autolesionismo; e dall’alto dei miei quaranta-coff-coff-anni penso sia meglio così; i vari abbigliamenti sono delle vere e proprie manifestazioni di fede: alcuni eroici ragazzi indossano le maglie del Mugello dove solo qualche ora prima si è disputata una gara del motomondiale; moltissimi ragazzi ed ex-ragazzi indossano naturalmente le magliette nere dei Maiden; ma assegno volentieri il mio personalissimo oscar per i costumi ad un impavido ragazzo che indossa l’unica maglia dei Metallica che in tono calcistico hanno sempre giocato un accesissimo derby con i “cugini” dei Maiden.
Parlando dei concerti, uno dei più emozionanti è stato quello degli Extrema anche se inizialmente sono stati ostacolati da alcuni problemi tecnici che hanno “rovinato” i primi minuti del live; anche il chitarrista Tommy Massara ha ammesso che anche loro si sentivano poco e hanno dovuto suonare il primo brano a memoria; quando però i tecnici hanno risolto il problema, il pubblico ha potuto godere di un concerto superlativo; osservando le varie reazioni ho constatato (non senza un pizzico di orgoglio nazionale) che band più quotate come Opeth e Alter Bridge hanno sicuramente infiammato i propri fans ma non sono riusciti a conquistarne di nuovi, mentre gli Extrema sono riusciti a coinvolgere e a “scatenare” quasi tutta la platea; soprattutto chi non li conosceva è rimasto sorpreso dalla loro irruente abilità; in sintesi credo che siano stati gli unici a crearsi una schiera di nuovi fans.
Prima del concerto degli Opeth la regia ha diffuso nell’etere le note dei Tool che mi sono sembrate idonee e molto in linea con l’imminente spettacolo; nell’ora a loro disposizione Akerfeldt e soci hanno sapientemente dosato brani heavy con la solita voce bassa e cavernosa con suite strumentali dall’anima Progressive. Gli Alter Bridge hanno proposto i loro cavalli di battaglia confidando nella fidelizzazione di un pubblico attento e sensibile nel rispondere alle sollecitazioni musicali.
Alle 21:20 comincia il concerto, anzi, lo spettacolo degli Iron Maiden. Calato il telone degli Alter Bridge il palco viene letteralmente raddoppiato in profondità; le spie stranamente azzurre ricordano la copertina di Seventh Son Of A Seventh Son e in effetti molti successivi riferimenti scenografici proverranno da quel disco. I Maiden iniziano snocciolando brani del loro passato iniziando con una scatenata Moonchild; seguono Can I Play With Madness e The Prisoner. I passaggi che richiedono un’estensione vocale degna del miglior Bruce Dickinson mettono il vocalist già al terzo brano in grave difficoltà; l’impressione è che Bruce non arrivi più alle vette sonore che lo hanno reso uno dei migliori cantanti metal per almeno 15 anni; ma la sua voglia di esibirsi e di ammaliare il pubblico non scemano mai, tanto che non c’è ipocrisia né ruffianeria quando grida: “Scream for me Bologna”.
Dopo Two Minutes To Midnight arriva il primo capolavoro: Revelations, secondo me il pezzo più bello e meglio riuscito della serata insieme alla successiva The Trooper durante la quale Bruce indossa una divisa rossa sventolando la Union Jack; ma è The Number Of The Beast a scatenare il pubblico giovane ed ex-giovane mettendo d’accordo tutta l’Arena; ogni canzone è accompagnata da uno specifico telone alle spalle della band con l’immancabile Eddie (il mitico mostro delle copertine di tutti i dischi disegnato dall’ormai celebre Derek Riggs) a sovrastare il palco. Dal primissimo disco, Iron Maiden, ecco Phantom Of The Opera; la parte ritmata del cantato riesce veramente male e i dubbi sulla salute vocale di Bruce diventano tristemente inequivocabili; addirittura in Run To The Hills accenna solo ai ritornelli approfittando della voce del pubblico per risparmiare la sua; per perfezionare la bellissima scenografia entra un Eddie alto almeno tre metri; è vestito da generale Custer e gioca con i musicisti permettendo a Janick Gers di corrergli ripetutamente sotto le gambe.
Wasted Years è caratterizzata da uno dei riff più belli del repertorio e anche se sembra rallentata rispetto all’originale non manca di incantare. Durante Seventh Son Of A Seventh Son compare un busto di Eddie gigantesco ma immobile che sorregge un globo tra le mani; la parte centrale è arrangiata con uno stupendo crescendo strumentale. Bruce appare con un cappotto futuristico e un ciuffo a punta chiaramente ingellato; questa ostentata teatralità (seconda e ultima critica di un bellissimo concerto) lascia un tantino perplessi perché da mostri sacri come loro preferirei una sobrietà più pragmatica e una focalizzazione maggiore sulla musica piuttosto che sulla scenografia; i quattro chitarristi però, guidati da un solidissimo Nicko McBrain, rimangono una inarrestabile macchina da guerra; i tre chitarristi si rimpallano vicendevolmente gli assoli esprimendo ognuno le sue immense capacità tecniche; Steve Harris è sempre stato ed è ancora l’anima vibrante, il cuore pulsante dei Maiden e quando i maxischermi lo inquadrano (o meglio inquadrano le sue dita) ogni dubbio in merito scompare. Noto con piacere che di tre chitarre sono sempre presenti (non nelle stesse mani) una Gibson Les Paul e una Fender Stratocaster che con i loro suoni diversi e riconoscibilissimi garantiscono una resa inimitabile.
Chiudono la prima parte del concerto Wratchild, Fear Of The Dark e Iron Maiden stranamente velocizzata. La band torna sul palco proponendo Aces High, The Evil That Men Do e la mitica Sanctuary mai pubblicata in Italia negli album originali ma sempre presente nei repertori e nelle orecchie dei fans. Quasi tutti i brani proposti provengono dai primi sette dischi, poco minutaggio è stato dedicato alle pubblicazioni successive; penso che la scelta sia fortemente voluta e a mio modo di vedere, azzeccata.
Al termine del concerto rimane un po’ d’amaro in bocca per il calo di potenza di Bruce ma la sua presenza scenica e il suo carisma (oltre al fatto che le sue corde vocali hanno 57 anni) ridimensionano il dispiacere. L’età avanza e si nota, ma assistere ad uno show degli Iron Maiden è sempre una splendida esperienza.
Articolo del
06/06/2014 -
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