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C’era molta attesa per la sua esibizione, per il suo ritorno a Roma dopo tanto tempo, così quando Charles Aznavour compare sul palco del Centrale del Foro Italico l’emozione è tangibile. La sua figura, le sue canzoni rappresentano per gran parte del pubblico presente l’occasione per tornare ad affacciarsi con tenerezza sul proprio passato, a quelle melodie che nei primi anni Settanta erano la colonna sonora di illusioni d’amore, di sogni idilliaci destinati a trasformarsi in rimpianti.
Chahnourh Aznavourian (è questo il suo vero nome), il noto chansonnier francese di origine armena, ha superato da poco i 90 anni d’età e c’erano dei dubbi sulla sua effettiva capacità di tenere la scena per la durata di un intero concerto. E invece Aznavour, che si presenta con un’orchestra che sottolinea i vari passaggi armonici delle sue canzoni, non delude affatto e denota una vitalità assolutamente sorprendente che si spiega soltanto con il suo grande amore per la musica, per quelle canzoni, eseguite in cinque lingue diverse, sempre in giro per il mondo, che sono diventate per lui ragione di vita. Aznavour deve il suo successo ad Edith Piaf che alla fine degli anni Quaranta lo convinse ad accompagnarla in tour. Allora il piccolo Charles aveva soltanto dieci anni, ma appena cinque anni dopo il suo talento vocale era già conosciuto in tutta la Francia che più tardi, negli anni Sessanta, lo consacrò come il nuovo Frank Sinatra. Quando imparammo a conoscerlo e ad amarlo qui da noi in Italia, era consuetudine che gli artisti “stranieri” si adoperassero in complicate versioni italiane delle loro canzoni. Aznavour non si è mai sottratto alla regola e non solo ha cantato anche in italiano, ma ha perfino imparato il dialetto napoletano!
Certo, adesso a 90 anni, è difficile per lui ricordare tutte le parole di quelle canzoni ma, una volta attivati i dovuti supporti tecnologici, il grande Charles ha potuto regalare al pubblico italiano straordinarie interpretazioni de L’Istrione, Lei, Quanto è triste Venezia e di una bellissima Ed io tra di voi. La sua mano destra è tremolante, non del tutto a suo agio con le tonalità basse per quel che riguarda la timbrica della sua voce, ma si tratta di trascurabili dettagli, per il resto il suo show è davvero coinvolgente e le sue interpretazioni sono capaci di commuovere ancora. Molto belle le esecuzioni di Les Emigrants, Mourir d’Aimer che diventa Morire d’amore, Ave Maria e di Je voyage, eseguita con sua figlia Katia, che è una delle due coriste dell’orchestra che lo segue in tour.
Aznavour tiene il palco con grande dignità, è garbatamente ironico e colloquiale, ringrazia continuamente il pubblico a lui devoto e si muove con una certa agilità tanto che nel finale accenna anche a qualche passo di corsa per raggiungere il backstage. Torna in scena per eseguire La mamma, un vecchio brano assolutamente struggente, perfettamente in linea con le sue scelte melodiche di sempre e saluta tutti con molta umiltà e tenerezza.
Chi scrive se lo ricordava “vecchio” quando invece aveva solo 40 anni d’età e adesso è costretto a rivedere certi suoi giudizi affrettati e ad affermare che - se questa deve essere la vecchiaia - allora vissuta in questo modo diventa un dono.
SETLIST:
Les Émigrants Paris au mois d'août Viens m'emporter Mourir d'aimer For me formidable Je voyage (featuring Katia Aznavour) Sa jeunesse Ave Maria Les Plaisirs démodés She Mon ami, mon Judas Il faut savoir Désormais Le Cabotin (L’Istrione) Et moi dans mon coin (Ed io fra di voi) Hier encore Mes emmerdes Comme ils disent Les deux guitares La Bohème Emmenez-moi Que c'est triste Venise (Come è triste Venezia) Non je n'ai rien oublié Mon émouvant amour
Encore La mamma
Articolo del
03/07/2014 -
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