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Una folla oceanica accoglie il ritorno a Roma di Alessandro Mannarino per una data molto attesa inclusa nel tour di Al Monte, il suo nuovo album. Le richieste erano tante e tali che - una volta certificato il sold out - si è pensato di aggiungere un secondo concerto, che avrà luogo sempre al Centrale del Tennis del Foro Italico, il prossimo 11 settembre. Tutto questo testimonia la crescita esponenziale del fenomeno Mannarino, un cantautore nato e cresciuto nel rione Monti, qui a Roma e che si è affermato rapidamente grazie ad alcune apparizioni tv e al fortunato Il Bar della Rabbia, il suo disco d’esordio che risale ormai a cinque anni fa. Una volta trovata la formula giusta - fatta di un lirismo semplice e di facile presa, mediato fra stornelli romani, musica balcanica e sonorità cubane - Mannarino non ha fatto altro che affinare il suo talento compositivo attraverso album come Supersantos e il sopra citato Al Monte, le cui canzoni sono oggetto dello show di questa sera.
Il folk atipico e fortemente contaminato di Mannarino è contagioso, tanto quanto il personaggio che ha saputo ritagliarsi fra i molti ragazzi presenti al concerto, molti dei quali indossavano un cappello “alla Mannarino” e si erano portati dietro una chitarra acustica! Desiderio di emulazione, bisogno di appartenenza e tanta voglia di ballare (malgrado tutto) lungo quel fiume di suoni che viene partorito dalla Mannarino Orchestra, che si presenta al gran completo, ricca di fiati, violini, percussioni, voci femminili e chitarre acustiche. Il concerto inizia con l’esecuzione de L’Impero e di Deija, due brani tratti dal nuovo disco, che già mettono in luce i temi portanti del suo lirismo, improntato ad una forte denuncia sociale e sempre dalla parte degli ultimi. Quando più avanti nel corso dello spettacolo Mannarino si sofferma a parlare con il pubblico e confessa la sua emozione nel tornare a suonare a Roma, davanti ad un pubblico che conosce a memoria le sue canzoni e che spesso si sostituisce a lui nel cantarle, ecco che arriva una sintesi del suo pensiero laico e ribelle “Viviamo in città molto bella, ma anche molto difficile. Fin troppo piena di Chiese e di Palazzi della politica!”. Il pubblico risponde con un’ovazione tanto ovvia quanto garantita.
Mannarino pesca nel torbido, mette in musica il malessere, riesce a dar sfogo alla rabbia, ma lo fa con grande abilità e denota passaggi di buon talento compositivo. Il “Monte” di cui parla nel nuovo album diventa sia riferimento biblico e mèta di ricerca esistenziale che luogo di disperazione e sofferenza (quel Monte dei Pegni, dove tradizionalmente qui a Roma è possibile impegnare oggetti di valore in cambio di denaro fresco). Su Deija viene stigmatizzata la guerra, che ormai è come un passatempo, mentre Le cose perdute, una ballata molto bella tratta dal suo album di debutto, racconta di quando la morte non fa più paura, ma diventa l’unica fuga.
La serata continua in un vistoso crescendo di ritmo e musica che inghiottisce storie d’amore finite e scelte difficili come quella “fra la fame e la galera”. Il pubblico si identifica gioiosamente con le canzoni di Mannarino, sia quando recupera vecchi brani come Mary Lou e Osso di seppia sia quando esegue nuove composizioni, come Malamor, Gli animali e Signorina. Da segnalare inoltre gli interventi vocali di Simona Sciacca, una vocalist catanese di indubbio talento che da tempo collabora con Mannarino anche in studio di registrazione. Si prosegue con Quando l’amore se ne va, la bellissima Statte zitta e l’incanto poetico di La Strega e il Diamante: Mannarino sembra instancabile, fosse per lui la serata non finirebbe mai. La sua orchestra non si risparmia e le esecuzioni di Me so ‘mbriacato, di Tevere Grand Hotel e in particolare di Serenata lacrimosa corrispondono ad altrettante esplosioni di gioia da parte del pubblico, che non può far altro che ballare e cantare a squarciagola. Quel “Oi mammà come si fa/ ci dicono de vive da morti/ pe’ poi resuscità” è un vero e proprio inno, che poi sarà ripetuto al termine del concerto quando Mannarino tornerà sul palco per salutare il suo pubblico. C’è modo e spazio per ricordare anche Carlo Giuliani, il ragazzo del movimento anarchico ucciso a Genova da un carabiniere e a quanti sono stati arrestati durante i disordini di quei giorni Mannarino dedica Scendi giù, un nuovo brano, che dà voce ala popolazione detenuta. Gli accenni di pizzica salentina all’interno del ritmo sfrenato di Scetate vajo precedono brani più intimisti come Al Monte e Le stelle, che vengono eseguiti alla chitarra acustica.
A grande richiesta il Bar della Rabbia e il reprise di Serenata lacrimosa chiudono uno show lungo e molto intenso che sicuramente ha lasciato molta soddisfazione fra il pubblico, questo è certo. Resta da chiedersi come mai qui da noi in Italia un’artista come Vinicio Capossela che da tempo propone soluzioni sonore vicine alle scelte musicali di Mannarino - e che ha pubblicato un album bellissimo come Marinai, Profeti e Balene - resti confinato in spazi ristretti e non goda degli stessi favori di un pubblico sempre più “ubbriaco pe’ Mannarino”. Misteri italiani, non di quelli che non fanno dormire di notte, per carità, ma interrogativi pur sempre validi da sottoporre alla vostra attenzione.
SETLIST:
L’Impero Deija Le Cose Perdute Gente Mary Lou Osso di Seppia Malamor Gli Animali Quando l’Amore se ne va State Zitta Signorina Maddalena La Strega e il Diamante Merlo Rosso Me so ‘mbriacato Tevere Grand Hotel Serenata Lacrimosa Scetate vajò Scendi giù Al Monte Le Stelle
Encore: Il Bar della Rabbia Vivere la Vita Serenata Lacrimosa (reprise)
Articolo del
24/07/2014 -
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