Esordio dal vivo in una Sala Petrassi gremita in ogni ordine di posto del tour che segna il ritorno sulle scene di Carla Bissi in arte Alice, una delle interpreti più significative ed importanti della canzone italiana a partire dai primi anni Ottanta. Proprio alla fine dello scorso anno è stato pubblicato “Weekend”, finalmente un album degno della sua fama, realizzato in tanti fine settimana insieme a Franco Battiato, il suo mentore, a Luca Carboni e al jazzista Paolo Fresu. Adesso, dopo le prove generali svolte con un concerto al Teatro Mascherini di Azzano Decimo, la sua band è pronta per il nuovo tour.
Accanto ad Alice sul palco, che inizialmente si siede alla pianola elettrica, vestita in un completo bianco che accresce la luce che emana dalla sua figura, troviamo Antonello D’Urso, alla chitarra acustica e al computer, Osvaldo Di Dio, chitarra elettrica e tastiere, e Floriano Bocchino alle tastiere. Alice non nasconde la sua emozione, ma è visibilmente contenta di essere tornata cantare in pubblico. Ha conservato intatto il fascino di un tempo e quando comincia a cantare è ancora in grado di “far sciogliere il sangue nelle vene”. I brani che costituiscono il repertorio nuovo ci sono tutti, o quasi: da La realtà non esiste, bellissima interpretazione di un vecchio brano di Claudio Rocchi tratto da “Volo Magico n°1” del 1971 a quel piccolo gioiello che è Tante belle cose, il nuovo singolo, un adattamento in italiano curato da Franco Battiato di Tant de belles choses, una canzone di Francoise Hardy del 2004, ripescata da Francesco Messina. Molto belle anche Da lontano, Veleni, Un po’ d’aria, Aspettando mezzanotte e la nuova versione di Viali di solitudine, un brano già presente su "Park Hotel” del 1986, l’album più europeo di Alice, disco davvero decisivo nella sua carriera artistica.
Non mancano citazioni dal passato, brani ormai storici come Nomadi e “Prospettiva Nevski, accolti con calore da un pubblico sempre più entusiasta. La vocalità forte e fiera di Alice non smette di stupire e caratterizza i passaggi armonici di ballate altrimenti malinconiche ma sempre dense di significati. Ecco che arriva anche un intermezzo dedicato alla canzone napoletana con A cchiù bella, una poesia scritta dal principe Antonio de Curtis, in arte Totò, musicata poi da Giuni Russo, che l’ha eseguita in pubblico pochi mesi prima di morire. Alice sorprende ancora tutti con una delicata versione di una vecchia canzone friulana intitolata Anin a gris (“Andiamo a grilli”), tratta da “Il sole nella pioggia” , album del 1989. Non poteva mancare Per Elisa, il brano con cui Alice vinse il Festival di Sanremo nel 1981, eseguito con la grinta straordinaria di una giovane donna ferita nell’orgoglio e con il furore epico che da sempre la caratterizza.
Sul finale Alice viene richiamata per ben due volte sul palco e ci regala ancora I Treni di Tozeur e il reprise di Tante belle cose, il brano del suo rilancio, preferito all’electro-pop di Chanson Egocentrique o alla riproposta fin troppo facile di Era notte a Roma.
In conclusione un concerto che ha restituito lo spazio e la dimensione che meritava una artista che recentemente è stata fin troppo - e senza ragione - trascurata dai media.
Articolo del
26/03/2015 -
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