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A volte ci sono quelle cose che sin dall’adolescenza restano lì, sedimentano, diventano parte di te: una canzone, un disco, una cotta adolescenziale per il frontman di una band. Momenti transitori che vivi con tutta la tua passione di un teenager e che restano li, indelebili. E se 15 anni dopo ti capita di andare a un concerto di quella band, di sentire quelle canzoni e di avere quel cantante proprio a pochi centimetri da te? Be', allora oltre a goderti un gran bel concerto, vieni inspiegabilmente rispedito indietro nel tempo e puoi smarcare dalla lista delle cose da fare nella vita: “Visto un concerto dei Blur!”.
Certo gli anni passano a casa di tutti, e Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James e Dave Rowntree non sono più ragazzini, ma uomini, un po’ appesantiti, qualche capello in meno, ma sul palco si divertono esattamente come se lo fossero. Dopo il tour per supportare il loro nuovo album, 'The Magic Whip', uscito lo scorso 27 aprile, a 12 anni di distanza dal precedente 'Think Tank', i paladini del Britpop tornano nella loro Londra e si esibiscono nuovamente a Hyde Park per un pubblico composto da persone letteralmente di ogni età.
Dopo un temporale che non ha minimamente intaccato il morale del pubblico, intrattenuto nel frattempo dai Metronomy - gruppo di musica elettronica “carina” per i primi 10 minuti, ma ripetitiva per i restati 45 - il cielo si rasserena (che per il clima londinese vuole dire sprazzi di cielo intervallati da nuvole, ma niente acqua a catinelle) e la musica del carretto dei gelati (appositamente issato sull’enorme palco con una gru) dà il via al concerto dei Blur. Mentre il cielo piano piano si fa scuro l’energia della serata si sprigiona con un vero e proprio best of dei loro pezzi più famosi in cui il pubblico letteralmente si scatena: si salta, si poga, si canta, si grida...Si perde un po’ il controllo travolti dall’atmosfera, insomma.
Si parte con Go Out da 'The Magic Whip', per poi balzare letteralmente indietro nel tempo al 1991 con There’s No Other Way, tornare al 2015 con Lonesome Street e ancora al 1994 con Badhead da 'Parklife'. Insomma, è un preciso equilibrio tra l’ultimo disco, e il passato, un mix che non annoia e infiamma il pubblico che canta a gran voce Coffee & TV, Beetlebum, End Of The Century, Tender ed esplode letteralmente in un pogo scanzonato su Park Life (che non sarebbe stata la stessa senza Phil Daniels sul palco!), sul ritmo isterico di Song 2 e sull’andamento martellante di Boys And Girls. I pezzi di 'The Magic Whip' sono il momento per riprendere fiato, per ascoltare, e per prepararsi a una nuova ondata di pogo. Unica nota leggermente negativa, due grandi assenti: Country House e Charmless Man.
Damon Albarn non perde un colpo, è magnetico: scende tra il pubblico a offrire gelati, si gode le meritate ovazioni, gigioneggia sornione ammiccando dal palco e spezzando i cuori di molte ragazze presenti (non pochi i cartelli con variazioni sul tema “Damon would you marry me?” soprattutto delle prime file), si arrampica sulle transenne per unirsi al suo pubblico e salta come un forsennato da una parte all’altra del palco.
Insomma, non saranno più gli Anni Novanta, non ci saranno più gli Oasis, e la guerra del Britpop è ormai tramontata, come pure il Britpop stesso, però i Blur ci sono ancora, e anche se 'The Magic Whip' non fa gridare al capolavoro, tutti quelli che hanno speso 90 e passa sterline per essere lì, che hanno aspettato sotto la pioggia, che si sono spinti nella calca per essere più vicino al palco, che magari sono andati a casa un po’ doloranti o con qualche livido, lo rifarebbero senza indugio subito. Un concerto coinvolgente, dove il pubblico è parte attiva e si diverte e non è solo semplice spettatore, non è una cosa da sottovalutare, e neppure da dare così per scontata. Quindi a questo punto, spuntiamolo dalla lista: “Vedere un concerto dei Blur – Fatto!”, avanti con il prossimo punto!
Articolo del
03/07/2015 -
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