|
Sul palco dell’Auditorium della Conciliazione giace un pianoforte della Steinway&Sons, la sala è semivuota dato che non siamo proprio in prossimità dell’ora X, ma i curiosi e i fotografi già si aggirano alla ricerca della foto perfetta da conservare o pubblicare. Sono passati esattamente sei anni dall’ultima volta che ho visto Yann Tiersen qui a Roma, è stato nel luglio 2010 a Villa Ada. All’epoca era appena uscito “Dust Lane” e il concerto si sviluppò in una decisa chiave rock (a differenza di quanto la mia amica Chiara s’aspettasse). Non ci fu il Tiersen di Amelie, ma un musicista molto energico, con una band magnifica. Questa sera tutto è molto differente da quell’estate e non solo per il luogo in cui lo spettacolo avviene. In generale si preannuncia, infatti, un concerto molto più intimista. Tiersen probabilmente si esibirà da solo e dovremo stare tutti molto concentrati, lasciandoci trasportare dal susseguirsi delle note e degli accordi. L’Auditorium pian piano si riempie, tanti sorrisi, adulti eleganti, ragazzi con amici e coppiette serene. Ognuno prende posto in modo ordinato e aspetta di godere di qualche ora d’arte. Il tutto esaurito si fa presto notare: ogni poltrona è occupata. Arriva il momento, si spengono le prime luci, poi le seconde, entra Yann salutando, timidissimo, si siede e inizia a suonare. Sceglie “Eusa”, il suo ultimo album, per riempire la prima parte dell’esibizione. “Eusa” ricorda molto la tradizione minimalista (tra i quali anche il nostro Ludovico Einaudi) e spesso le pause musicali richiamano anche Erik Satie. In particolare, però, si sente lo stile del polistrumentista della colonna sonora di “Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain” e di “Goodbye Lenin”. Rapisce Yann, commuove e mantiene alta la tensione. La prima parte del concerto è quasi un’apnea, un flusso spirituale che forse solo il pianoforte e la musica classica riescono a far sgorgare. Quello di “Eusa” è il ritorno alle origini di un uomo più maturo che, contemporaneamente, si confronta col futuro, tenendo salda la propria identità. A un certo punto Yann lascia il pianoforte e prende dapprima il violino e, successivamente, lo xilofono per esplorare la sua produzione musicale passata. Dopo questa piccola parentesi torna a concentrarsi sul pianoforte. Lo spettacolo non dura molto (ahimè poco meno di un’ora e mezza), ma è molto intenso e lascia un po’ il magone. Quando Tiersen saluta e non torna più sul palco tutti restano increduli, molti continuano a stare seduti guardando il palco, altri scendono di nuovo a scattare foto.
Articolo del
20/10/2016 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|