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Alle 18.30, lato sinistro del mixer, la visione è questa: il pubblico affluisce ordinatamente e, al di la di qualche ciucco che ha pensato bene di intontirsi qualche ora prima dello show, va tutto per il verso giusto fino all’inizio dei Prophets Of Rage. La prima battuta d’arresto è inflitta dall’impianto e fonico, probabilmente mezzo sordo, o ingannato dal vento. Il volume è insufficiente, impenna e crolla in base alle folate che se lo portano via. Ci spostiamo in preda a un attacco parossistico d'imprecazioni arrivando sul lato destro dove finalmente riusciamo a sentire la chitarra di Morello!
Tom si scatena tirando fuori una doppia SG Doubleneck Gibson, in pieno stile del suo mentore Jimmy Page, fino all’assolo successivo in cui emula Hendrix addentando le corde della sua ascia mentre probabilmente mentre rilegge “Fuck Trump”, il caldo personale benvenuto alla nuova amministrazione americana. Per ricordarci bene in che mani s(iam)ono il chitarrista ha pensato bene di scriverlo orgogliosamente sul corpo della sua chitarra. La band è in forma smagliante, spinge, accelera, stoppa e riparte su imbeccate dei due cipressi. Si va da Bulls On Parade, con pogo infernale, fino a Know Your Enemy passando per i riff secchi di Sleep Now In The Fire fino al sigillo che ha unito le due band ben venticinque anni fa e intitolato How I Could Just Kill A Man (già presente in Renegades). Il dolore di Morello per la scomparsa dell'amico Cornell si attenua con l’invito accolto da Serj Tankian per Like A Stone, un mare di lacrime liberatorie che contrastano per un attimo la polvere alzata dalle migliaia di presenti.
Suonano per un’ora e un quarto con una sezione centrale di puro acid trip pop, una sfida amichevole a colpi di scratchate con il chitarrista impegnato in questo inaspettato call and response. Passa un’ora, per il cambio palco, che spendiamo nel tentativo di prendere una birra. Che servano i token, gettoni distribuiti da varie postazioni per evitare l’utilizzo di soldi veri, lo sì scopre solo alla fine della prima fila. Ciò che lascia sconcertati però è l’imposizione di spendere un minimo di 15 euro per due birre semi calde, in bicchieri riempiti per metà di schiuma, e due bottigliette di acqua.
Alle 21.10 i System of a Down sono sul palco partendo a razzo senza la benché minima voglia o necessità di scaldarsi e senza pause per respirare. Sciorinano una scaletta da cardiopalmo inanellando Aerials, Chop Suey, Lost In Hollywood, Toxcity, B.Y.O.B. per citarne solo alcune fra le più conosciute. I due simpatici singer dallo sguardo matto, danno il meglio con Suite-Pee, Prison Song, Needles e Suggestions in cui si alternano in una serie di saliscendi emozionali che bastano a piegare anche le resistenze più profonde. Question!, Kill Rock And Roll e Roulette sigillano definitivamente la perfomance con una serie di stop and go sospinte da potenti accelerazioni durante cui la miglior battuta come spesso accade va ai romani in trasferta che, riferendosi alla propuls(sez)ione ritmica, urlano: “Ahò che faaiii, spigniiii???” Geni!
L’iniziale problema d’acustica stavolta è largamente incentrato sulla voce di Serj. Il leone però non si lascia abbattere, canta bene sfruttando le sue quattro ottave e un tono di estensione. Dove non arriva per l’età, per il carico di due decenni e lo stress del tour quasi in chiusura, usa effetti elettronici e un falsetto al limite della rottura.
Purtroppo la sua voce viene coperta per gran parte dagli strumenti troppo alti, e dal canto all’unisono dei 50.000 travolti da pura estasi, esattamente il contrario di quanto successo ai P.O.R. Immaginiamo che il fonico si sia svegliato un attimo dal torpore per cambiare “i poli da positivo a negativo e da negativo a positivo” (cit.). Il continuo poggiare dita sul padiglione auricolare da parte di Serj lascia intendere l’insufficienza delle spie auricolari che non gli permettono di sentire gli altri e se stesso. Nonostante questo, emergere con classe vincendo anche questa mano storta entratagli appena arrivato sul palco. Chiudono con Sugar senza uno straccio di bis, come se ce ne fosse bisogno, un vero colpo al cuore da cui è letteralmente impossibile riprendersi.
Se i Prophets of Rage hanno alzato un gran polverone, i System Of A Down hanno fatto mangiare polvere a tutti, compresi i sapientoni da tastiera che li davano per spacciati. Tutto il resto è solo noia, chiacchiere (e distintivo)
Setlist
Prophets Of Rage DJ Lord Intro Prophets of Rage (Public Enemy) Testify Take the Power Back Guerrilla Radio Unfuck The World Bombtrack Fight the Power (Public Enemy) Harder Than You Think / Dr. Greenthumb / Can't Truss It / Insane in the Brain / Bring the Noise / I Ain't Goin' Out Like That / Welcome to the Terrordome / Jump Around Sleep Now in the Fire (Cochise outro) Like a Stone (Feat. Serj Tankian) The Party's Over Know Your Enemy Bullet In The Head How I Could Just Kill a Man Bulls on Parade Killing in the Name
System Of A Down
Soldier Side (Intro) Suite-Pee Prison Song Violent Pornography Aerials Mind (intro) Mr. Jack Devil Needles Deer Dance Radio/Video Hypnotize Dreaming (middle breakdown only) Pictures Highway Song Bounce Suggestions Psycho (Olivia Newton-John intro) Chop Suey! Lost in Hollywood Question! Lonely Day Kill Rock 'n Roll B.Y.O.B. Roulette Toxicity Sugar
Articolo del
27/06/2017 -
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