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Anche lui si chiama Vasco, è originario come l’altro dell’Emilia Romagna, ma non ha mica scritto Rewind, non si presta a fare conversazione con Bonolis e neanche richiama grandi folle. No, non ha queste pretese. Gli basta raccogliere il suo pubblico e raccontare storie in musica, come questa sera a Roma, nello spazio post-industriale allestito all’interno dell’Ex Dogana (ex Scalo merci di San Lorenzo). Lui è Vasco Brondi e ha dato vita nel 2007 a un suo progetto musicale chiamato Le Luci della Centrale Elettrica. Da allora in poi ha pubblicato tre album, uno più bello dell’altro, fino all’ultimo “Terra”, uscito proprio quest’anno.
Ci troviamo nel ventre della strada sopraelevata (Tangenziale Est) e poco più in alto sulla destra invece sfrecciano i treni diretti a Stazione Tiburtina. Il palco è illuminato da lampioni stradali e sembra quasi riproporsi lo scenario che ispirava Vasco da bambino, quando cullava i suoi sogni con visite notturne nei luoghi di una “centrale elettrica” in disuso. Da qui il nome del gruppo, questo il punto di partenza del suo scrivere testi surreali, sognanti che sembrano talvolta così “naive” ma che raccolgono invece verità importanti, interne ad aspetti del vivere che sono stati adesso frettolosamente messi da parte. Canzoni come A Forma Di Fulmine, Qui , Coprifuoco, Stelle Marine o ancora Il Waltz degli Scafisti sono il risultato di una poetica assolutamente originale che prende spunto sia dai “sogni infranti” che dalla “scena politica internazionale”.
La dimensione umana sulla “Terra” viene presa in carico, scandagliata, nel dettaglio, sia nei lati postivi che in quelli decisamente orribili: “Che cosa è che ci ha fatto inventare la torre Eiffel, le sinfonie di Beethoven, le stazioni spaziali, le armi di distruzione di massa, le canzoni d’amore o le guerre di religione?”. Intorno a noi ragazzi e ragazze che cantano a memoria le sue canzoni: una vera sorpresa, che poi non diventa nemmeno tale se pensiamo alla grande musicalità dei brani e a testi che disegnano fin nei particolari le ansie, le emozioni, le paure e i sogni di una generazione che stenta a trovare punti di riferimento, ma che comunque è in cammino e ha ancora tanta voglia di mettersi alla prova: “Possiamo correre, possiamo andarcene, o stare immobili e lasciare tutto splendere”. Vasco (Brondi) è forse il vero grande poeta delle nuova canzone d’autore, colui che canta di come “rendere possibili le cose impossibili”, che riferisce di “cicatrici a forma di fulmine” e che sa ancora dire ad una donna che “ha ascoltato la sua voce in una conchiglia”. Il gruppo lo accompagna a dovere sia nelle ballate lente, sognanti che nei brani più elettrici, nei pezzi più ritmati.
Splendida nel finale la riproposta di Piromani, dal suo album d’esordio: una ballata sofferta, che ricordo ancora, mi ha fatto conoscere Le Luci della Centrale Elettrica. Da allora in poi non ho più smesso di seguirle, anche perché - grazie a Vasco Brondi, da Ferrara - ritorna la canzone d’autore di rilievo, sulle tracce di grandi artisti come Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori e Lucio Dalla
(foto di Viviana Di Leo)
Scaletta • Coprifuoco • Qui • Stelle marine • Macbeth nella nebbia • Quando tornerai dall’estero • La Terra, l’Emilia, la Luna • Ti vendi bene • Questo scontro tranquillo • I Sonic Youth • Una cosa spirituale • Waltz degli scafisti • Cara catastrofe • 40 km • Piromani • Un bar sulla via Lattea • Chakra • Le ragazze stanno bene • I destini generali Encore • A forma di fulmine • Nel profondo Veneto
Articolo del
18/07/2017 -
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