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Anche quest’anno tornano in Italia gli Einstürzende Neubauten. Il maestoso ed elegante Blixa Bargeld si presenta sul palco del Rock In Roma con il completo nero brillantinato, il suo vestito di scena ormai fisso da qualche anno. Subito scherza sullo scarso pubblico di questo lunedì sera, che non può non risaltare nella grande arena estiva: “It looks like we have a private rock festival here”.
Gli affezionati non possono desiderare di meglio: i Neubauten sono un gruppo che richiede concentrazione e silenzio, non certo le folle urlanti da festival rock. Proprio per questo, Blixa e compagni non potranno mai essere un gruppo di massa: parliamo di musica alta, soprattutto dal punto di vista concettuale. Siamo molto più vicini ad un’opera artistica che non ad anthems e sing-alongs.
Per fortuna c’è ancora qualche musicista che non punta sui compulsivi consumatori di ritornelli che tutti noi siamo, quando usiamo l’ascolto come valvola di sfogo per le nostre angosce e vogliamo solo lasciarci cullare dal già-sentito che ci propina l’industria musicale. Ma questo non significa che gli Einstürzende Neubauten siano particolarmente difficili da ascoltare: a partire dalla seconda fase della loro carriera, il gruppo tedesco ha messo da parte gli intenti rumoristici e il noise esasperato che li ha resi celebri. Dall’industrial, genere che hanno contribuito a definire, prendono ormai soltanto il lato della ricerca piuttosto che le sonorità. Infatti gli strumenti auto-costruiti, spesso oggetti della quotidianità trasformati, sono una costante della loro carriera e anche questa sera non mancano (vediamo suonare taniche di benzina, tubi di gomma, un trapano, una turbina di un aereo, un bidone di plastica e tanto altro).
Ma i Neubauten puntano ormai su una musica d’atmosfera fatta di sottrazioni, che non disdegna la melodia, anche grazie alla voce cullante di Blixa. Non a caso, nessuna canzone dei loro primi quattro album viene suonata stasera, nonostante il tour si chiami (ironicamente e schiettamente insieme) greatest hits.
Il concerto inizia con la minimale In The Garden; segue uno dei pochissimi brani “cattivi” (i quali, bisogna dirlo, vengono ancora invocati da tanti affezionati) ovvero Haus der Lüge. Diverse strofe in tedesco nel corso del concerto vengono adattate in inglese, il che facilita la comprensione dei testi (e la meritano assolutamente!) ma fa perdere un po’ di fascino. In Dead Friends (Around the Corner), Blixa lancia il primo dei suoi lunghi urli da rapace. C’è poi l’apocalittica Die Befindlichkeit des Landes, ovvero “Mela, Mela, Mela, Mela, Melancholia” con il suo irresistibile giro di pianola retrò. Il palco si tinge di rosso per Sabrina, che Blixa ci rivela fu rifiutata dal regista che l’aveva commissionata (vorremmo proprio sapere chi…).
Anche su Susej ci viene rivelato qualcosa: è frutto di un riutilizzo di vecchie registrazioni, e dunque di un dialogo tra il vecchio Blixa e il nuovo. Dopo la prima pausa, un momento scenico molto intenso: il cantante si accende una sigaretta per la sinuosa Silence Is Sexy (e, miracolo, il pubblico riesce quasi a non fare rumore durante le lunghe pause di silenzio, anche se ci si mette il passaggio di un aereo a sdrammatizzare il tutto). C’è poi la pazzoide Let’s Do It A Dada, tributo alle avanguardie novecentesche da cui il gruppo ha sempre preso ispirazione. Prima della chiusura, con la dura Redukt, la bellissima invocazione al fuoco Salamandrina in cui viene citato il famoso palindromo latino In girum imus nocte et consumimur igni.
Quello degli Einstürzende Neubauten è senz’altro un modo per invecchiare con classe: reinventandosi, ma all’insegna dell’integrità artistica. Speriamo di rivederli presto, anche con il progetto semi-italiano di Blixa e Teho Teardo
Articolo del
19/07/2017 -
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