Sulla resa di un concerto di Bob Dylan oggi – 2018 – solo alcune sintetiche considerazioni, dopo che un po’ di tutto è già stato detto e scritto in relazione alle prime date italiane di questo nuovo capitolo del “Never Ending Tour”:
a) Non ha alcun senso andare a vedere la leggenda 77enne aspettandosi uno show alla LIVE AT BUDOKAN o - ancora più assurdo - alla LIVE AT ROYAL ALBERT HALL. Il punto di riferimento più vicino, dal punto di vista del sound e delle interpretazioni, è il suo ultimo album di canzoni originali TEMPEST, che infatti nel corso della serata risulta il più saccheggiato (ben cinque brani: Duquesne Whistle, Soon After Midnight, Early Roman Kings, Long And Wasted Years e Pay In Blood). Il consiglio pertanto, prima di andare al concerto, è di sentirselo bene, e di mandare pure qualche testo a memoria.
b) La band è di altissimo livello: Stu Kimball e Charlie Sexton alle chitarre, Tony Garnier al basso, George Receli alle percussioni, Donnie Herron alla pedal steel guitar, alla lap steel, al mandolino elettrico, al banjo e al violino sono tutti inappuntabili, con nota di merito speciale per Receli il cui stile ritmico caratterizza fortemente il suono di tutto il gruppo.
c) L’impressione è che tutto lo show sia in qualche modo un’emanazione del Theme Time Radio Hour, il programma che Dylan condusse qualche tempo fa alla radio. Ovvero: è come se Dylan volesse trasferire al suo pubblico le sensazioni che dovette provare quando, ragazzino negli anni 40, passava le serate attaccato a una radio a transistor a sentire dalle frequenze AM le canzoni che provenivano dalle praterie e dall’America più profonda. Country, gospel, rhythm’n’blues, folk e rock’n’roll, quindi: le radici della musica americana, filtrate però da un’immaginaria radiolina dal suono spesso gracchiante (come la stessa voce di Dylan oggi, guarda il caso). Per vedere e apprezzare pienamente un concerto di Dylan oggi, insomma, bisogna essere disposti a fare un viaggio nel tempo e nello spazio in quell’America mitica (o altresì mitizzata) dell’infanzia del Bardo.
d) I “classici” di Dylan, pertanto, in questa concezione dello show risultano un po’ stravolti, ma di base ugualmente godibili. Funzionano bene in particolare Don’t Think Twice It’s Alright, Highway 61 Revisited e Desolation Row, un po’ meno le due riprese da BLOOD ON THE TRACKS private delle loro imprescindibili melodie (Simple Twist Of Fate e Tangled Up In Blue). Ma il “cuore” del set è il repertorio dylaniano degli ultimi 20 anni, e quello non è stravolto affatto ma risulta in linea con quanto si è sentito sui dischi, da Things Have Changed, passando per Lovesick e le varie “cover” alla Sinatra, e arrivando fino a una strepitosa Thunder On The Mountain suonata alla Chuck Berry. Nei bis c’è la solita “finta” Blowin In The Wind – finta perché le parole sono quelle ma la musica è diversa – che stavolta viene per fortuna eclissata da una Ballad Of A Thin Man eseguita – e cantata – in modo canonico, quasi come quella su HIGHWAY 61 REVISITED, solo un filino country per via della steel guitar di Donnie Herron. E basta quella per uscire dalla sala col sorriso stampato in viso.
e) E che dire di lui, del premio Nobel? Come sta? L’impressione è che stia benone, né più né meno come si è presentato da queste parti l’ultima volta a Caracalla. La voce c’è ancora, ora gracchiante più che nasale, ma forte e riconoscibile come la “sua”, e tanto basta. Non imbraccia più la chitarra - ma non lo fa più da un sacco di tempo – e si limita a starsene dietro al piano, che peraltro suona benissimo e con momenti di grande trasporto. Ogni tanto, per i brani slow, abbandona la postazione e si mette a cantare - da crooner - a gambe larghe al centro del palco. Non saluta, non ringrazia, non comunica con la platea e, alla fine, se ne va come nulla fosse senza rispondere, neanche con un cenno, alle acclamazioni del pubblico. Si comporta, insomma, come si è sempre comportato, Bob Dylan.
SETLIST:
Things Have Changed Don't Think Twice, It's All Right Highway 61 Revisited Simple Twist of Fate Duquesne Whistle Melancholy Mood (Frank Sinatra cover) Honest With Me Tryin' to Get to Heaven Once Upon a Time (Tony Bennett cover) Pay in Blood Tangled Up in Blue Early Roman Kings Desolation Row Love Sick Autumn Leaves (Yves Montand cover) Thunder on the Mountain Soon After Midnight Long and Wasted Years
Encore: Blowin' in the Wind Ballad of a Thin Man
Articolo del
06/04/2018 -
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