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E' stato come quando prendi un treno. C'è la partenza, con la stazione in fermento e i suoi abitanti, persone d'ogni dove in attesa di un passaggio, in transito verso un luogo distante. E poi c'è il tragitto, breve o infinito che sia, e i suoi pensieri, su quel che era e ciò che verrà. All'arrivo, luoghi e discorsi intervengono a rimetterci in riga, a ridare ad ogni cosa un suo posto, ad ogni malinconia il suo giusto peso. Il 4 luglio proprio così è sembrato, in una di quelle giornate che ti prendono e ti tolgono ogni sospiro di dosso, lasciandoti come su una banchina, sospeso in attesa di un itinerario da immaginare. Villa Ada ha lasciato senza remore il suo tramonto a chi questo pellegrinaggio ha deciso di intraprendere, accogliendo nel suo laghetto due delle band dai nomi tanto improbabili quanto affascinanti, e senza nulla chiedere in cambio, se non un biglietto di sola andata. Quando i This Will Destroy You iniziano a suonare c'è ancora luce a riflettersi tra le increspature dell'acqua, ed il flebile vento che soffia acuisce il lento dipanarsi della loro musica, come un paesaggio dal finestrino, un costante abbandono a pensieri e speranze, che inevitabilmente giungono ad un culmine sia fisico che emotivo. Non c'è caos, solo l'eleganza che riescono questi 4 musicisti Texani in poco più di un'ora a definire, alternando brani dai loro 3 album in studio, e preannunciandone tra l'altro un nuovo esponente, in arrivo verso settembre di quest'anno. Dopodichè, la prima ed unica fermata, un breve assaggio di notte d'estate, necessaria a far si che il palco si cambi d'abito, e i Godspeed You! Black Emperor arrivino a far ripartire il viaggio. Quando finalmente l'attesa comincia a serpeggiare ecco che qualcosa si muove, che la spedizione riparte. E lo fa in modo graduale, lasciando tutto il tempo ai suoni distorti ed amplificati dalle vibrazioni di sedimentare e creare un tappeto su cui poi si sarebbe steso il mosaico emotivo dei 9 musicisti facenti parte dei GY!BE. Ad uno ad uno i vari componenti prendono posto, chi seduto, chi in piedi, ognuno conscio del proprio ruolo, come in una grande orchestra, e sullo sfondo, immagini. Diapositive, filmati d'epoca, costruzioni smantellate, compagni di un percorso sonoro che si spiega e si avvolge, che da' e poi sottrae, in un'altalena di incastri perfetti nel loro evolversi quasi senza fine. Non ci sono stacchi netti, i brani partono con soluzioni a volte semplici per poi aprirsi ad arguzie tali da rendere i presenti assolutamente increduli, consci di essere partecipi di qualcosa di straordinario. E la lunghezza in questo caso non pesa, anche se la media dei loro brani generalmente dal minutaggio elevato potrebbe farlo credere, ma anzi, da ad ogni soluzione il tempo di trovare il suo percorso, come nella splendida suite divisa in 3 parti Bosses Hang, tratta dal loro ultimo lavoro Luciferian Towers del 2017, ed ennesimo centro di una discografia fatta di assolute perle del Post-Rock dal nome più improbabile come Lift your skinny fists like antennas to heaven. Ma i GY!BE sono così, un manipoli di uomini ( e donne, con Sophie Trudeau al violino ), che riescono a non far pesare un vagabondaggio sonoro così lungo e climaticamente sfiancante, lasciando che sia il culmine della loro simbiosi musicale a rilasciare ogni fatica e rendere, infine, l'arrivo alla meta una fermata da rimandare.
Articolo del
05/07/2018 -
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