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L'immagine che ho è quella di un uomo che lentamente cammina verso l'orizzonte. Il sole sta calando verso quell'indefinita linea tra il cielo e la terra, che mai è sembrata così sfuggente, lontano dal vento e dai suoi sospiri, lontano dal mondo. Ma ecco che le rovine della storia si ergono dinanzi, crepuscolari ricordi di vite ed eventi secoli indietro ad ogni nostro pensiero, ad ogni nostro affetto. Quell'uomo è Myles Kennedy, e quella venue è il Teatro di Ostia Antica ed i suoi ricordi dei fasti di una Roma che erse le sue strutture verso un'immortalità insita in loro fin dal concepimento. Seconda delle tappe promozionali Italiane del suo album di debutto solista "The Year Of The Tiger" uscito su etichetta Napalm Records lo scorso 9 marzo, il clima che ci si è trovati davanti è di quelli che amplificano le sensazioni dell'evento che sarebbe di lì a poco iniziato, quando già verso le 19 una lunga fila cominciava a formarsi davanti ai tornelli d'ingresso al complesso archeologico, ed il sole, via via sempre più basso e pulsante, come un blues polveroso lentamente discendeva il suo giro musicale.
Prossimi all'entrata, verso le 20 circa, il breve viale che costeggia i resti delle costruzioni Augustee odora di rivelazioni, di echi e di promesse, con Dorian Sorriaux, chitarrista dei Blues Pills, che già aveva iniziato il suo breve concerto d'apertura. Il colpo d'occhio è magnifico, le gradinate e le colonne si ergono in contrasto con le strutture moderne date dai grandi amplificatori e dal palco, dove Sorriaux si dimostra un buon esecutore e ringrazia apertamente Myles ed il suo staff per l'opportunità di suonare con loro in un luogo tanto magico. Così le stelle volgono al loro culmine, ed il tramonto e i suoi colori si fanno notte d'estate, e piano piano quell'uomo giunto da lontano sale sul palco con i suoi compagni musicisti, tra gli applausi e gli incitamenti degli astanti, con la luna timida curiosa ad affacciarsi sulle note di Devil On The Wall, che apre la scaletta di Mr. Kennedy. Un concerto che poi va a snodarsi giustamente lungo la tracklist dell' album solista, concatenando tante piccole gemme tenute insieme da quella preziosa luce che è la splendida voce di Myles, come una carovana che trascina le menti ed i sogni di ciascuno nel profondo delta dell'emozione, lasciando cantare i cuori qui ed altrove, oltre le speranze, oltre le lacrime. Che comunque liberatorie giungono sempre, in particolare quando vengono riproposte alcune delle canzoni più belle incise con gli Alter Bridge, Wonderful Life da Ab III e Watch Over You dal sublime Blackbird, senza dimenticare All Ends Well ed Addicted To Pain da Fortress.
Non sono mancate anche le cover di altri gruppi, vedasi la reinterpretazione di "The Trooper" degli Iron Maiden o di Travelling Riverside Blues di Robert Johnson, così come del suo supporto a Slash ed i suoi Conspirators con World On Fire. Ed alla fine, spogliati di ogni certezza e di ogni luogo comune, tra gli astri ed i loro ricordi di popoli che furono, arriva Love Can Only Heal a chiudere il cerchio squarciando il velo dell'indifferenza e sublimando una serata che è stato un vorticare continuo, con l'amore alla fine di ogni cosa, unica cura contro tutto e tutti, arrivando a palesarsi viva come non mai sul cartellone di alcuni dei fan presenti e poi orgogliosamente sollevato da Myles verso la volta celeste: Rome Loves You Myles!
SCALETTA:
1. Devil on the Wall 2. The Great Beyond 3. Ghost of Shangri La 4. Haunted by Design 5. Addicted to Pain (Alter Bridge) 6. Turning Stones 7. Blind Faith 8. The Trooper (Iron Maiden cover) 9. White Flag (The Mayfield Four cover) 10. Wonderful Life (Alter Bridge) 11. Watch Over You (Alter Bridge) 12. Travelling Riverside Blues (Robert Johnson cover) 13. World on Fire (Slash feat. Myles Kennedy & The Conspirators cover) 14. Year of the Tiger
Encore:
15. All Ends Well (Alter Bridge) 16. Love Can Only Heal
Articolo del
20/07/2018 -
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