Un viaggio sonoro nelle viscere del sottosuolo, un concerto all’insegna del fragore ma anche ricco di momenti di elettronica minimale, che disegnano a perfezione quella che è l’inquietudine di chi sperimenta, di chi è alla ricerca.
Conosciamo tutti Ben Frost, un compositore australiano che si è trasferito in Islanda nel 2005, che ha pubblicato diversi album solisti e che ha realizzato fin qui molte colonne sonore cinematografiche, fra le ultime, per esempio, quella della fortunata serie tv intitolata “Fortitude”. Torna a Roma per presentare The Centre Cannot Hold, il suo ultimo lavoro, un ritorno al passato, più vicino all’oscurità densa e violenta di By The Throat del 2009 che all’orientamento verso un’elettronica postclassica scelto per il più recente Aurora.
Le coreografie mozzafiato per la performance di questa sera, basate su una destabilizzante alternanza di buio e luce, sono il risultato della collaborazione con Marcel Weber, più conosciuto come MFO, famoso video artista tedesco. Un abbinamento perfettamente riuscito fra suono e immagini, grazie a due artisti che hanno in comune la stessa estetica, minimale e dark, che sa essere intima e riflessiva, ma che non teme incursioni nel noise più sfrenato e roboante.
Il titolo dell’opera The Centre Cannot Hold altro non è che una citazione letteraria, tratta da una poesia scritta dal poeta irlandese William Butler Yeats e intitolata “The Second Coming”. Il testo era ispirato al gran numero di vittime causato dalla Prima Guerra Mondiale e la frase “Things fall apart, the centre cannot hold” descriveva bene il contesto. Probabilmente Ben Frost trova molte analogie fra il periodo appena precedente la Grande Guerra e la condizione in cui ci troviamo oggi: le stesse incertezze, le stesse logiche individualistiche che fanno presagire una nuova esplosione, improvvisa e incontrollabile, determinata dal buio della ragione.
L’atmosfera che si crea in Sala Petrassi riflette questi contorni emotivi, attanagliati come siamo alle nostre poltrone, che tremano sotto le botte di potenti iper-bassi. E’ una musicalità molto fisica, a tratti feroce, che non concede alternative. E’ musica oltranzista, che non ammette mediazioni, se non in quei rari passaggi melodici che sembrano voler attenuare la forza tremenda dell’impatto. Ben Frost si lancia freneticamente sulla sua strumentazione elettronica, ma non dimentica di imbracciare una chitarra elettrica, l’ideale per procurare ulteriori dissonanze, altre distorsioni che dialogano con sintetizzatori rabbiosi, spinti al massimo del volume. Cambi di rotta inattesi, un universo sonoro liquido e sfuggente, ma di grande effetto.
Una musica che indaga i colori, che si mescola ad essi, il bianco dei ghiacciai, il blù degli Oceani. Una musica ventrale, visionaria che diventa la colonna sonora della disillusione, della sconfitta di ogni Utopia. Ci alziamo frastornati, quasi disorientati ma consapevoli di aver colto il messaggio sonoro di un musicista come Ben Frost, avaro di parole, ma di certo non a corto di significati
SET LIST Threshold Of Faith A Sharp Blow In Passing Trauma Theory A Single Hellfire Missile Costs $100,000 USD Eurydice's Heel Meg Ryan Eyez Ionia Healthcare All That You Love Will Be Eviscerated Entropy In Blue
Articolo del
18/11/2018 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|