Si è svolto il 25 novembre il gran finale del Romaeuropa festival 2018, in un connubio fatto di arte nomade che da ogni parte del mondo ha portato anche in questa edizione suoni e parole di culture solo all'apparenza distanti. Tra i 5 eventi in programma spiccava Angèlique Kidjo, sublime voce di fama internazionale, nell'unica data in Italia di presentazione del suo disco di quest'anno "Remain In Light", tributo all'album omonimo dei Talkin Heads del 1980. Non meno importanti gli altri appuntamenti della giornata, Ryoji Ikeda in 2 eventi distinti di pura eleganza visiva e sonora, finendo con Franco D'Andrea ed il suo Octet e Matthew Herbert, che insieme alla Brexit Big Band ha concluso alle 21 la maratona concertistica del festival. Avendo potuto seguire soltanto tre dei suddetti spettacoli, i due di Ikeda ed il concerto della Kidjo, descriverò cosa di questi eventi mi è rimasto dentro.
Music For Percussion
Alle 16, nella Sala Petrassi, una delle espressioni sinestetiche del maestro Ikeda ha preso forma in "Eklekto - Music for percussions", dove viene abbandonata la sovrastruttura visiva dell'elettronica in favore di un minimalismo sonoro ad opera del gruppo di percussionisti di Ginevra Eklekto, dipanando lungo 45 minuti di profonde vibrazioni la contemplazione dell'infinitamente piccolo. Inizialmente presenti solo in due sulla scena, in un graduale crescendo ritmico costruito sull'uso del proprio corpo, si è poi arrivati, con l'arrivo dell'altra coppia di componenti del gruppo e l'uso di diversi altri strumenti e tom tom disseminati sul palco, a creare uno stato di coscienza alterato dove l'ascolto esigeva contemplazione, in una rarefatta atmosfera di vibrazioni e suoni.
Datamatics 2.0
Nel secondo appuntamento del compositore Giapponese delle ore 18 sempre nella sala Petrassi, Datamatics 2.0, si entra completamente nell'universo astratto di Ikeda, in un concerto che annulla la concezione di artista e spettatore. In poco meno di un'ora ci si ritrova in un limbo virtuale senza punti di riferimento, i colori e le forme perdono di significato, ogni coordinata è smarrita in un pellegrinaggio verso stelle dimenticate, con il panorama che muta ad intervalli irregolari, attraverso stringhe di codice sparse fatte di numeri e pixel che danzano insieme all'infinito.
Angélique Kidjo - Remain in Light by Talking Heads
In un multietnico e vibrante omaggio, la splendida Angélique Kidjo rielabora con la propria impronta i ritmi di quel meraviglioso album del 1980 che è Remain In Light dei Talking Heads. La lunga scaletta della durata di un'ora e venti circa esplora echi lontani di culture mai sopite, rilanciando con la sua personalità brani come The Overload, Born Under Punches, Rosseyed e Once in a lifetime, o la scatenata cover di Pata Pata di Miriam Makeba. C'è stato spazio anche per un sentito appello contro la violenza sulle donne, lasciando il tempo di riflettere in una giornata dove il mondo intero prendeva posizione verso un fenomeno sociale sempre più diffuso. Man mano che la serata entrava nel vivo, nessuno si è più potuto esimere dall'alzarsi in piedi e danzare, saltare, cantare, condividere l'attimo di gioia che l'intera sala Sinopoli, sold out, esprimeva. Alla fine, uscendo fuori, tornando alla vita al di là, ciascuno dei presenti ha potuto portare dentro di sè un pezzetto di Africa da raccontare e diffondere tra chi, nel caos della società dell'uomo, ancora oggi promuove razzismo e xenofobia, perchè come ha ricordato Angélique durante la serata "nel mondo molti temono la diversità, noi dobbiamo essere orgogliosi della nostra unicità imperfetta, e di come tante piccole imperfezioni siano migliori di un'unica grande perfezione".
Articolo del
29/11/2018 -
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