Gli estimatori si arrabbieranno, ma ci esponiamo al rischio: parte consistente del Micah P. Hinson che riceve lodi sperticate la troviamo già in The Early Years Volume 2, magnifica raccolta di demo registrati da Tom Waits pubblicata dalla Edsel nel 1993.
Simile la voce, calda e profonda, simile l’atmosfera intima, malinconica e nostalgica delle canzoni. Considerevole anche il debito nei confronti della musica americana folk e country più intensa e, talvolta, meno “allineata”. Quella che celebra non tanto i fuorilegge, quanto gli outsider, le figure marginali, e che ne tratteggia le vite desolate, gli amori tormentati, gli obiettivi mai raggiunti o neanche identificati.
Micah P. Hinson attinge a tale patrimonio culturale, e lo mantiene vivo, pur senza introdurre grandi variazioni. Ciò dovrebbe bastare per apprezzarne la produzione discografica, ma ci sfuggono i motivi dell’entusiasmo suscitato nei fan (dovuto, ipotizziamo, al fascino esercitato dalle sue travagliate vicende personali; certo, non esattamente una rarità nel campo della popular music).
L’artista si offre al pubblico in un concerto solista, voce e “chitarra elettrica ascellare” (direbbe il Rag. Fantozzi). Situazioni del genere costituiscono sempre un azzardo, ma Hinson sa come tenere il palco. Scompagina il protocollo: fuma, si interrompe durante l’esecuzione di un pezzo, liquida con autoironia e poche parole di scherno brani richiesti dai presenti, ma che non vuole suonare. Il carisma è innegabile, e la messa a nudo delle proprie fragilità toccante. Le canzoni però…
Nella primissima parte della serata sono per lo più sbozzate; diverse appartengono all’album più recente When I Shoot At You With Arrows, I Will Shoot To Destroy You (tra le altre, I Am Looking For The Truth, Not A Knife In The Back; Fuck Your Wisdom; la traccia che dà il titolo al disco), ma mancano di incisività. Efficace invece la strada imboccata nel resto dell’esibizione, dedicata soprattutto alle ballate, anche se nessuna ci sembra particolarmente memorabile.
Degne di nota The Day The Volume Won e 2’s & 3’s(al limite del plagio “waitsiano”), le dolenti It’s Been So Long e On The Way Home (To Abilene), composta sulla strada di ritorno dall’ospedale psichiatrico, e gli arpeggi struggenti di The Dreams You Left Behind, forse l’interpretazione più suggestiva del concerto.
Brani che grondano lacrime e malessere, brandelli di vita vissuta che quasi mettono a disagio l’ascoltatore per la loro franchezza.
Tanti gli entusiasti che li accolgono con calore, e, a dispetto dei contenuti tutt’altro che allegri, si respira un’aria familiare e festosa. La rilettura di This Old Guitar (John Denver) chiude la serata ribadendo un legame strettissimo con la canzone folk americana, vincolo fecondo che però può diventare una trappola da cui è difficile uscire se non ci si vuole impaludare nel già sentito.
Incontestabile, in ogni caso, il talento di Hinson in qualità di performer, e infatti usciamo dal locale fermamente convinti che il musicista sia stato di gran lunga più accattivante della musica che ha eseguito
(foto di Riccardo Rossi)
Articolo del
12/12/2018 -
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