Li avevamo visti all’Horus Club, più di 15 anni fa durante il tour di supporto a Thirteen Steps, mantenendo durante la loro lunga assenza un ottimo ricordo della band e alimentando la non vana speranza di rivederli, prima o poi.
Ora, che le cose si stanno mettendo bene anche per il nuovo disco (e tour), dei Tool, quella speranza è divenuta certezza. Maynard e soci chiudono il 2018 con un regalo tutto italiano, due date che coincidono con la fine del tour Eat The Elephant.
Al Palalottomatica s'inizia presto, ancor prima delle 20.00 sul palco arriva Chelsea Wolfe con un sound oscuro e plumbeo. Il set è aggressivo, carico di elettricità e distorsione, gli effetti vaporosi del ghiaccio secco s’avvinghiano a quei suoni decadenti che fanno di Chelsea quel tipo di artista con cui non si può scendere a compromessi. Può piacerti o annoiarti, insomma la sua musica non consente vie di mezzo. Va avanti per 40 minuti buoni in cui sfoggia una voce ancora potente e tesa, il resto è costruito dal muro di suono prodotto dagli altri membri della band. Mentre conclude la sua esibizione ringrazia gli A.P.C. per averle concesso di calpestare lo stesso palco e alle 20.30 ha già finito.
Mezzora spaccata per il cambio palco e la batteria introduce l’opener e titletrack, Eat The Elephant, mentre il resto della band prende posto accompagnati dalle urla dei presenti che ripetono a gran voce il loro nome sfogando così la rabbia contro il divieto imposto di fare foto e video. Il terrore che l’acustica del locale potesse in qualche modo inficiare questo live, dopo una così lunga attesa, viene spazzata via dalla somma delle parti. La voce di questo alieno in completo azzurro e parrucca bionda, la presenza scenica e le chitarre di Billy Howerdel (attentissimo al controllo delle dissonanze e dei riff taglienti) si aggiungono alle tastiere per un sound in cui il basso, monumentale, e le pelli possenti raggiungono la quadratura di un cerchio perfetto.
La scaletta è da brivido e, sebbene per ognuno sarà sicuramente mancato il brano della vita, non si può muovere loro nessuna accusa. Frugano con cura e dovizia lungo la loro carriera infilando una scala reale attraverso la devastante 3 Libras (All Main Courses Remix), fatta di loop vocali in cut and paste, chitarre stridenti e loop elettronici, per poi ripartire lentamente dall’ipnotica The Contrarian fino all’arrivo di Talk Talk con tanto di urlo liberatorio di Keenan. Seguono la danzereccia Hourglass e il potente singolo The Doomed che lascia spazio a Counting Bodies Like Sheep to the Rhythm of the War Drums e Judith.
È innegabile, i presenti sono in visibilio. Con l’arrivo di The Package Maynard, davvero ispiratissimo e irraggiungibile nel canto, ingrana quella marcia in più che lascia stupefatti mentre su Rose, un dono inaspettato, accenna qualche passo di danza sciamanica che evoca ricordi legati alle esibizioni con i Tool per il modo di muoversi sul palco.
Per sigillare questa commistione fra arti grafiche e suoni, la band sceglie Delicious. Finalmente il singer concede il permesso ai presenti di scattare foto e video per un trionfante finale con tanto di abbracci fra i componenti della band.
È un momento perfetto per non attirare l’attenzione, Maynard lo sa bene e, sfruttando una magician sleight, sparisce come un illusionista nel suo strano, per quanto affascinante, mondo
Setlist
Eat The Elephant Disillusioned The Hollow Rose Weak and Powerless So Long And Thanks for The Fish Vanishing People People People (Depeche Mode) Vanishing 3 Libras (All Main Courses Remix) The Contrarian Talk Talk Hourglass Doomed Counting Bodies Like Sheep to the Rhythm of the War Drums Judith The Package Delicious
Articolo del
20/12/2018 -
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