Per una volta, le canzoni si susseguono senza essere accompagnate da una selva di smartphone molesti in modalità “ripresa”. Il musicista spenderà anche qualche parola ironica rivolgendosi a uno spettatore quasi in prima fila che filma ininterrottamente il concerto (e che continua a farlo, forse perché non capisce ciò che Phillips gli sta comunicando).
Piacevole intrattenitore tra un brano e l’altro, l’ex frontman dei Grant Lee Buffalo offre al pubblico uno spettacolo avvincente: voce e chitarra acustica, è un folk-singer credibilissimo; incanta i presenti con le melodie di un repertorio che attinge alla sua carriera solista e ai pezzi incisi col gruppo che lo ha reso celebre.
Non tutto è degno di essere ricordato, e qualche composizione appare un po’ anonima (non pochi i dischi in cui Phillips ha rimasticato il proprio passato), ma il trasporto delle interpretazioni è autentico e coinvolgente.
Belle, tra le altre, St. Expedite e Far End Of The Night, e l’impronta blues di Killing A Dead Man. Sono brividi di piacere, però, soprattutto quando l’artista intona le ballate degli album “Fuzzy” e “Mighty Joe Moon” che quasi trent’anni fa ammaliarono tanti appassionati di musica con la loro mescolanza sapiente di omaggio alle radici e sguardo rivolto altrove, in cui venivano coniugati country e folk con piglio punk, malinconia e irruenza.
Di altissimo livello, Jupiter And Teardrop, The Hook, Mighty Joe Moon e Honey Don’t Think, che emozionano anche nella veste austera voce–sei corde. Vertici della serata, Fuzzy, Happiness, gemme preziose che, esistesse un canone del genere “Americana”, vi farebbero sicuramente parte, e One Morning, a chiudere una serata eccezionale.
Phillips esce dalla sala sorridente, quasi commosso dal calore manifestato dai presenti. Lo stesso entusiasmo che traspare dall’espressione soddisfatta degli spettatori che si avviano all’uscita
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05/03/2019 -
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