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Inizio concerti 21.30 ma mezz’ora prima troviamo già in azione i Big Mountain County, a quanto pare aggiunti in corsa solo all'ultimo minuto. Psych rock selvaggio e un bel numero di concerti alle spalle li hanno fatti diventare, attraverso un passaparola serrato, una delle band più chiacchierate per le incisive performance dal vivo. Con il loro set di psych rock and roll, se la giocano per una 40 minuti fra suoni acidi, ritmiche danzerecce e una spinta propulsiva che fa divertire i pochi presenti a Villa Ada pescando dai due dischi Breaking Sound e Anachronicle.
Poco prima delle 22.00, il tempo del cambio palco, arrivano The Winstons. Poche parole e molta musica fra citazioni varie che vanno da Gentle Giant ai Beatles passando per i King Crimson. Formazione a tre e tre dischi alle spalle, l’ultimo genito s’intitola Smith, i nostri si divertono a cambiare spesso mood e atmosfere sfruttando potenti dinamiche rock e una psichedelia di fondo ben amalgamata con il resto. Il dialogo fra il basso di Dell’Era si fa sempre più serrato con il polistrumentista Gabrielli (Calibro 35) negli incastri vocali sostenuti dalle pelli di Gitto capace di gestire, da solo, l’intera sezione ritmica lasciando margine d’azione al basso in palese flirt con le tastiere. Incredibile ma vero, non ci sono chitarre e non se ne sente la mancanza. Ovviamente la presenza di Gabrielli fa sì che questo pseudo miracolo avvenga nel modo più semplice e spontaneo possibile, attraverso una versatilità che lo vede al canto, alle due tastiere e al sax che tiene appoggiato sulle gambe. Davvero molto bravi.
I Giuda sono un enigma, non troppo complicato pensandoci bene. In cinque, con un cantante esagitato quanto basta per coinvolgere il pubblico, sparano una serie ravvicinata di colpi rivestiti di rock and roll, frutto di una commistione fra Kiss, The Darkness, Ac/Dc e Black Keys per alcune ritmiche e segmenti del rifferama (Overdrive).
Le citazioni, si fa per dire, si sprecano ma non riusciamo veramente a capire il perché di tutto questo hype. Sebbene siano efficaci dal vivo, la band non ha nulla di originale. Frullano quanto detto finora, più una spolverata di glam, ottenendo una miscela che fa divertire il pubblico sotto i 30 anni.
Dopo i fiumi di parole spesi dalla stampa specializzata ci saremmo aspettati molto di più, soprattutto dal vivo, ma tant’è e pare bastare ai presenti visibilmente ipnotizzati dal loro set. Questo coinvolgimento intenso, i dischi venduti, la firma per la Rise Above Records di Lee Dorian, gli elogi della critica e un numero consistenti di fan sparsi per Italia, Europa e America non possono essere ignorati.
L’unica cosa che possiamo fare è mantenere un forte riserbo, non sulla performance di ieri ma sulla genesi del songwriting abbastanza prevedibile e a volte scontato
Articolo del
25/06/2019 -
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