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L’esibizione dei Life In The Woods costituisce il perfetto antipasto per la serata. La band romana, recentemente messa sotto contratto dalla Contempo Records, ha conquistato il pubblico presente a Villa Ada attraverso un approccio rock di ottima fattura, che affonda le sue radici nel rhythm & blues. Il gruppo è composto da Logan Ross, alla chitarra e alla voce, da Frank Lucchetti, al basso elettrico e da Tomasch Lesny, alla batteria. Un “power trio” molto ben assortito che ha proposto brani aspramente melodici, ricchi di “groove”, che corrispondono a titoli come “Nothing Is” , il loro primo singolo, “Trick Man”, “Fistful Of Stones” e “Last Man Standing” . Tutto materiale che a Settembre finirà sul loro album d’esordio, prodotto da Gianni Maroccolo, un nome, una garanzia. Di certo sentiremo ancora parlare di loro. Poco prima delle 22,00, dopo un veloce cambio palco, l’eccitazione sale: è il momento dei Rival Sons da Long Beach, California.
La loro “line-up” è formata dal chitarrista Scott Holiday, dal batterista Mike Miley, dal bassista David Baste e dal poderoso “vocalist” Jay Buchanan. Presentano dal vivo “Feral Roots”, un disco destinato a ripetere il clamoroso successo di “Great Western Valkyrie” , del 2014. Brani come “Back In The Woods” , “Feral Roots”, “Imperial Joy” , “Too Bad” e l’eccellente “Do Your Worst” , ci riportano indietro nel tempo, al rock blues elettrico dei primi anni Settanta. Ma - contrariamente a quanto ci si poteva aspettare - non c’è nessuna nostalgia in tutto questo: il loro “sound” incorpora la vecchia musica acida, elementi psichedelici e forti dosi di “heavy blues”, questo è vero, ma le loro canzoni hanno una tale immediatezza , dinamica e contagiosa, che li porta oltre a facili paragoni. Black Sabbath, Led Zeppelin, Black Crowes, sì certo, i nomi corrispondono, ma la loro bravura sul piano melodico e compositivo, non ha uguali. Siamo sullo stesso piano dei Greta Van Fleet, di cui tanto si parla, ma la maturità compositiva e il “solid rock” dei Rival Sons è forse anche superiore. Hanno un chitarrista come Scott Holiday che distribuisce assoli veloci e ficcanti, con una precisione invidiabile. La voce di Jay Buchanan inoltre è forte, melodiosa ma anche molto calda: ascoltare per credere brani come “End Of Forever” e la bellissima “Shooting Stars” , un pezzo a dir poco coinvolgente , ricco di citazioni “soul”, che arriva quasi alla fine del concerto. No, i Rival Sons recano tracce di molti gruppi del passato, ma non imitano nessuno: vanno direttamente alla fonte, a Otis Redding , al blues di Chicago, al suono Motown.
Molto bella la scenografia decisamente bucolica, ispirata alla copertina di “Feral Roots”, che dà vita al loro “live act”. Un mondo selvatico, a cui attingere, a cui ispirarsi, nei “riff” della chitarra elettrica, nelle percussioni selvagge del buon Mike Miley, con la carcassa di un dinosauro in primo piano, che nasconde un grosso cuore che batte! Forse quella immagine non è altro che un’autocitazione : sono proprio loro, i Rival Sons, che si identificano in una sorta di cuore nuovo, rosso e pulsante, che rivive dalle macerie di quello che è stato. Un concerto memorabile, che ci lascia delle “good vibes” destinate a durare nel tempo.
SET LIST
Back in the Woods
Sugar on the Bone
Pressure and Time
Electric Man
Too Bad
Jordan
Face of Light
Imperial Joy
Feral Roots
Torture
Open My Eyes
Look Away
End of Forever
Do Your Worst
Encore:
Shooting Stars
Keep On Swinging
Articolo del
18/07/2019 -
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