Una serata particolare all’insegna dei possibili ed eventuali punti di incontro fra musica classica ed elettronica. Protagonisti del progetto “Statea”, album del 2016 eseguito dal vivo questa sera, il musicista e produttore messicano Fernando Corona aka Murcof e la pianista francese Vanessa Wagner, che ha accettato la sfida non indifferente - ed il rischio - della contaminazione.
L’idea prevede la rilettura di nove pagine musicali del Novecento, ritenute le più adatte ad ospitare incursioni di musica d’avanguardia, fra minimalismo, musica d’ambiente ed elettronica. In repertorio composizioni come “Avril 14th” degli Aphex Twin, “Gnossienne” di Erik Satie, “In A Landscape” di John Cage, “Piano Piece 1952” di Morton Feldman, “Metamorphosis” di Philip Glass, “Musica Ricercata” di Gyorgy Ligeti e l’immensa “Variations For The Healing Of Arinushka” di Arvo Pärt.
Le esecuzioni prendono spunto quasi sempre dalle note di piano della Wagner, diluite nello spazio e nel tempo, rielaborate in maniera diversa dagli interventi provenienti dalla postazione musicale computer based di Murcof. Si tratta di un arricchimento dei singoli brani, di una estensione degli stessi che - nella maggior parte delle occasioni - mette in risalto l’aspetto contemplativo di certe suggestioni musicali.
Gli scambi continui fra la melodia che fuoriesce dai tasti del pianoforte della Wagner e gli input elettronici di Murcof non sono il risultato di un divertissement intellettuale, capriccioso e bizzarro, ma rivelano uno studio attento dell’anima musicale che si nasconde dentro una composizione. La Wagner e Murcof sono stati capaci di scovarla, di tirarla fuori, lontano da qualsiasi banalità, durante le loro registrazioni all’Arsenal Concert Hall di Metz e adesso ripropongono quella loro fatica, alla ricerca dell’essenza, davanti al pubblico che riempie la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Non tutti restano soddisfatti. Non tutti forse hanno compreso. Non si tratta di un tradimento, ma di un modo del tutto nuovo di far confluire i suoni del pianoforte in un sistema che prevede il ricorso a delay analogici, a filtri risonanti e ad una modulazione circolare, tipica del minimalismo. Si tratta di una sintesi poco conosciuta, ma di grande fascino. I brani originali sono forse spezzati, ma non offesi, al contrario possono essere riascoltati attraverso modalità nuove, che ci regalano atmosfere sospese, cariche di attesa e che favoriscono la meditazione. Un concerto davvero intrigante, curato nei particolari, una sorta di chiave d’accesso per iniziare un viaggio interiore ai confini del suono e verso una dimensione estatica
(foto di Viviana Di Leo)
Articolo del
03/10/2019 -
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