Forse il primo vero concerto rock dopo la pandemia e non poteva toccare ad altri questo onore, non poteva essere che lei ad inaugurare la rassegna “Riemergere” con la sua vitalità, con la sua energia che le permettono di cavalcare lungo i sentieri del rock and roll a 73 anni compiuti.
Ma Patti Smith non ha mai dato peso a queste cose: la musica abita dentro, interagisce con te, non conosce l’invecchiamento dei corpi, oppure sì, ma non gliene frega niente. Torna a Roma, quante volte, non lo ricordo, una delle tante innumerevoli volte, ma questa volta con una “line up” diversa, una sorta di “family format” che prevede sua figlia Jesse Smith, al piano e alle tastiere, suo figlio, Jackson Smith, alla chitarra, con Tony Shanahan, al basso e occasionalmente, Rebecca Foon, una amica di Jesse, al violoncello. Jesse e Rebecca inoltre fanno parte della stessa associazione “Pathway to Paris”, che si batte per restituire un equilibrio naturale ai cambiamenti climatici. Dal punto di vista strettamente musicale la scaletta di Patti Smith non è molto diversa da quelle degli ultimi concerti, ma viene dato uno spazio maggiore alle “slow ballad” e ai brani più intimisti, riflessivi e sofferti.
D’altronde veniamo da una pandemia feroce che ha distrutto migliaia di vite umane e ha trascinato nel lutto i superstiti: “Beneath The Southern Cross” è dedicata proprio alle vittime del Covid 19, una versione lunghissima, impreziosita dal delicato fraseggio fra il basso di Tony Shanahan e la chitarra di Jackson Smith. La vera sorpresa della serata sono due splendide “cover”: “Blame It On The Sun” di Stevie Wonder e “One Too Many Mornings” di Bob Dylan, un brano che Patti canticchiava da sola quando era ancora una bambina. Lei sembra quasi emozionarsi nel rendere pubblico questo suo piccolo segreto, ma in realtà questa è sempre stata la sua forza: non vergognarsi mai delle sue sensazioni, dei suoi stati d’animo, ma anche dei suoi sbagli. A pensarci bene Patti Smith era la persona più adatta ad aprire questo tipo di rassegna. “Riemergere” è il suo verbo, un atteggiamento che ha imparato a conoscere dopo la fine di tante illusioni, dopo la morte delle persone più care, che non sono però mai morte per davvero, perché sono con lei ogni giorno.
Le luci in sala sono troppo basse, a questo punto Patti diventa ironica e dice “Non stiamo mica celebrando un funerale..” e torna ad affacciarsi un po' di sano rock and roll con “Dancing Barefoot” e “Pissing In The River”. Certo, la chitarra di Jackson e di certo ben educata e convincente, ma non è tarata sulla elettricità degli assoli di Lenny Kaye, assente - come del resto Jay Dee Daugherty, il batterista - da questa parte del tour. Poco male, il rock and roll può esistere, può essere comunicato anche senza fragore: è un moto dell’anima. Ma proprio sul finale, quando ormai eravamo abituati al distanziamento, consapevoli di non poterci muovere più di tanto, ecco che Patti invita tutti sotto palco per le esecuzioni di “Gloria” e per il “reprise” di “People Have The Power, in rapida successione. Il pubblico non aspettava altro e si è lanciato in una sorta di danza frenetica e scomposta che era anche un abbraccio ideale fra noi, che ci siamo ritrovati là sotto dopo tanto tempo, e con questa “american nigger”, una artista americana che con i suoi testi e con le sue canzoni ha decisamente orientato e cambiato per il meglio la vita di chi aveva venti anni la prima volta che è sbarcata qui da noi a Bologna per presentare “Horses” , il suo album d’esordio. Lunga vita al Rock And Roll!
SET LIST
Grateful Redondo Beach My Blakean Year Ghost Dance Dancing Barefoot Blame It On The Sun (Stevie Wonder) Beneath The Southern Cross Wing Peaceable Kingdom People Have The Power Because The Night One Too Many Mornings (Bob Dylan) Pissing In The River Encore Gloria People Have The Power (reprise)
Articolo del
12/10/2021 -
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