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Da trent’anni nella scena indie, con alle spalle una miriade di progetti e collaborazioni, a partire dai Cap'n Jazz, Mike Kinsella è uno degli artisti le cui carriere ragguardevoli si sviluppano ai margini dell’industria discografica dei grandi numeri.
Si esibisce da solo, voce e chitarra acustica, nello spazio del Teatro Studio Borgna, mentre l’Auditorium stasera è animato da eventi di ben altro richiamo (Francesco Bianconi nella Sala Petrassi, e, all’esterno, l’Aperol Spritz Festival, con file interminabili di ragazzi in attesa).
A Kinsella bastano pochi istanti per instaurare un rapporto di complicità col pubblico. L’atmosfera familiare e raccolta è stata già creata dal duo che ha aperto il concerto (molto belle le canzoni “Per un’amica” e, soprattutto, “Tutto di me”, in cui gli arpeggi dell’ukulele di Beatrice Grannò e dell’acustica del chitarrista che la accompagna si fondono armoniosamente).
Sembra di stare in un piccolo club mentre vengono eseguite composizioni con un portato emotivo commovente. L’intensità sofferta è stemperata dall’apparente distacco con cui Kinsella le porta a termine senza un briciolo di enfasi, senza dare la possibilità alle ultime note di ogni brano di risuonare nel silenzio della sala, in cui gli spettatori pendono letteralmente dalle labbra del musicista.
Timidezza, e qualche tentativo di vincerla con pochi aneddoti personali e una richiesta (“mi sapreste consigliare un posto che serve buoni cocktail?”).
In scaletta, pezzi incantevoli, grazie anche alla maestria con cui vengono utilizzate le accordature aperte, e un’esecuzione asciutta che non diventa mai noiosa (rischio incombente nelle esibizioni per sole voce e chitarra).
Kinsella non cade nel languore, pecca che caratterizza alcune versioni in studio dei brani, e ci regala interpretazioni sorprendenti.
Da ricordare, gli umori mutevoli di “A New Muse” e “On With the Show”; gli arpeggi di “Love Is Not Enough” e di “Home Is Where the Haunt Is”; “Headphoned” e “Wanting and Willing”: dolcezza malinconica che evoca melodie degli Smiths; “Lost” e i suoi echi di Nick Drake; la mestizia di “Lovers Come And Go”, con i Red House Painters dietro l’angolo.
Usciamo dall’Auditorium accolti dalla baldoria un po’ pacchiana del festival chiassoso che si svolge lì vicino. Ancora persone in coda per entrare. Accenniamo un sorriso al pensiero che fino a qualche minuto fa, tra le pareti silenziose del Teatro Studio Borgna, un musicista magrolino ingobbito sulla sua chitarra, a qualche metro da noi, su una sedia imbottita, una Birra Moretti accanto a lui sul pavimento, ci ha stretto il cuore per l’intera serata
(la foto è di Massimiliano Ascenzi)
Articolo del
24/05/2022 -
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