C’era molta attesa per il ritorno a Roma dei Simple Minds, finalmente dal vivo, dopo tre anni di assenza, e ad attenderli c’era il pubblico delle grandi occasioni.
L’età media è piuttosto alta, a dire il vero, e sono molti quelli venuti con l’intenzione di rivivere le emozioni del periodo “new wave” di fine anni Settanta oppure i grandi successi della metà degli anni Ottanta. D’altra parte questo “40 Years of Hits” tour sembra fatto apposta per accontentarli e fin dalle prime note del concerto si ha la netta impressione di stare in una discoteca a cielo aperto, se non altro per la portata del volume di suono che si propaga dal palco sugli spettatori. I Simple Minds non sono più gli stessi, ma questo lo sapevamo: solo Jim Kerr, nome prestigioso, il cantante della band, e Charlie Burchill, il chitarrista, appartengono alla “line up” originaria; accanto a loro sul palco vediamo Ged Grimes, al basso, Gordy Goudie, alla chitarra acustica, la “new entry” Berenice Scott, alle tastiere, e Cherisse Osei, alla batteria. Un tappeto di tastiere, il suono ventrale del basso e i colpi martellanti della batteria diventano subito protagonisti della scena: il suono è talmente alto che quasi copre la voce di Jim Kerr, 62 anni compiuti, che sembra comunque in buona forma e voglioso di fare. Un “greatest hits” dal vivo, questo lo scopo dichiarato dell’esibizione, “cantate, ballate, divertitevi con noi” queste le parole gridate da Jim Kerr mentre si rivolge ad un pubblico molto ben disposto che - nello spazio di appena due canzoni - raccoglie l’invito del “vocalist” dei Simple Minds, abbandona i posti a sedere e si affolla sotto palco.
Se qualcuno - come chi scrive - aveva in mente le sonorità un po' oscure e anche sperimentali dei primi Simple Minds, allora non si trovava nel posto giusto. Quanti invece hanno amato il lato più accessibile e dichiaratamente “pop” della band, hanno invece avuto ragione e lo spettacolo era tutto per loro. Va bene rimanere vivi, restare a galla, trasformarsi per tenersi al passo con i tempi, ma quei “techno beat” sparati ad alto volume verso il pubblico facevano assomigliare i Simple Minds ad una band di “elettro pop”, che fa musica sintetica, e non certo a dei reduci della gloriosa “new wave” inglese di fine anni Settanta. Prima della metà del concerto si aggiunge alla formazione Sarah Brown, una “vocalist” piena di energia e con la carica giusta che aiuta Jim Kerr a sostenere la parte vocale. Un’esibizione molto lunga, che raggiunge il suo apice al momento della esecuzione di vecchi successi come “Mandela Day”, “Belfast Child”, “Someone Somewhere In Summertime” e della fantastica “Don’t You (Forget About Me)”.
Da quel momento in poi è stato tutto un cantare in coro, un simultaneo ondeggiare con le mani protratte verso l’alto fino ad arrivare ad altri momenti topici quali “Alive And Kicking” e “Sanctify Yourself” , eseguiti nel tripudio generale con Jim Kerr che non si risparmia e che continua a cercare il coinvolgimento del pubblico fino all’ultima nota dello show.
SET LIST
Act of Love I Travel Colours Fly and Catherine Wheel Waterfront Book of Brilliant Things Mandela Day First You Jump She’s a River Let There Be Love Belfast Child Someone Somewhere in Summertime See The Lights Don’t You (Forget About Me)
Encore:
Alive and Kicking Sanctify Yourself
Articolo del
19/07/2022 -
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