E’ ironico il fatto che un evento di tale incandescenza come quello del 19 luglio all’Ippodromo delle Capannelle, abbia avuto luogo in una delle settimane più calde che l’intera penisola italiana sta vivendo da molto tempo a questa parte.
Molti erano gli appassionati metallari che attendevano questa giornata di fuoco in programma nel cartellone del Rock In Roma 2022, soprattutto dopo che l’altro grande evento del genere, inizialmente previsto per il 22 giugno (il concerto della band ucraina Jinjer), era stato annullato. Vista a posteriori l’affluenza non si è rivelata così massiccia come sperato, considerando le band coinvolte ed il numero di concerti metal che da sempre vedono chiamata in causa molto più Milano rispetto alla capitale italiana, ma ciò nonostante la data del Summer festival tour di Testament e compagni all’Eur è stata a dir poco esplosiva. Una piccola folla era da almeno una mezz’ora già accalcata sotto il secondo e più grande palco del festival prima dell’orario d’inizio previsto delle 18, in attesa dei ruggiti dei primi esponenti in scaletta di quel trash metal forgiato sotto il cielo assolato della San Francisco Bay Area: gli Heathen. Al loro attacco frontale la massa comincia a vorticare, esultare, incitare. E’ il primo assaggio, solo un riscaldamento, eppure gli Heathen riescono a conquistare e a lasciare senza fiato la massa ancora esigua di persone che è di fronte a loro.
Con l’arrivo sulla scena dei conterranei Death Angel, l’atmosfera si fa ancor più calda. Poche parole, perlopiù di estrema felicità nel poter tornare finalmente a suonare davanti ad un pubblico appassionato e fedele. Il resto lo fanno le canzoni al vetriolo, la tecnica pazzesca dietro la sezione ritmica di Will Carroll alla batteria e Damien Sisson al basso, le due chitarre al fulmicotone di Rob Cavestany e Ted Aguilar, ed infine l’ugola stratosferica e carismatica di Mark Osegueda. Quando è il turno degli Exodus la luce comincia già a scemare ed è affascinante ritrovarsi ad assistere alla loro performance tra una prima metà ancora toccata da scampoli di luce morente e la seconda avvolta dall’oscurità insondabile della notte. Anche loro provenienti dalla California, i cinque non lasciano tregua né al pensiero né all’azione. Ci si può solo gettare a capofitto in quel turbinio di sonorità velocissime e feroci, sfregiate, turbolente. La voce di Steve Souza guida i presenti ad una battaglia immaginaria e gli astanti non mancano di rispondere alla chiamata riscoprendosi guerrieri campali in nome di una fede che non ha dei né comandamenti.
Le tenebre hanno ormai lambito ogni parte dell’ippodromo quando l’illuminazione sul palco si anima e comincia a danzare inquieta. Il fumo fuoriesce possente dalla parte inferiore del palco e assume colorazioni aliene quando toccato dai colori delle luci, mentre le note apocalittiche di “Catacombs”, brano conclusivo dell’ultimo album dei Testament Titans of Creation del 2020, si diffondono come un mantra tra la marea di uomini e donne in attesa sotto il grande palco. La possente figura di Chuck Billy, vocalist della band dal 1986 quando subentrò in sostituzione di Souza, futura voce degli Exodus, arriva correndo pronto a guidare i fan grazie ad un carisma senza eguali e al suo tono di voce unico e assai riconoscibile.
Poi la furia, le canzoni di album memorabili come Legacy del 1987, Practice What You Preach dell’89 o The Gathering del 1999. Ci sono generazioni di ascoltatori, addirittura qualche famiglia, tutti uniti sotto un’unica bandiera ed un unico sogno: celebrare la vita grazie alla musica, grazie al metal.
Articolo del
24/07/2022 -
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