(foto di Giancarlo De Chirico)
Preceduta da un set del contrabbassista belga Pieter-Jan Van Assche , più noto come Innerwoud, un progetto a metà strada fra “ambient”, elettronica e musica neoclassica, Marissa Nadler torna a Roma per presentare dal vivo le canzoni dei suoi due ultimi album, il recente “The Path Of The Clouds” e il precedente “For My Crimes”, uscito nel 2018.
Accompagnata sul palco dal chitarrista e polistrumentista Milky Burgess, e dalla bassista Monica Coat, la Nadler rinuncia all’apporto di un batterista per presentare all’interno della Chiesa Valdese di Via IV Novembre, proprio al centro di Roma, un “live act” acustico, ispirato al folk più classico, che però non rinuncia ad incursioni “dark” fatte di spunti elettrici che creano atmosfere gotiche che bene si combinano alla serata di pioggia. Il concerto è “sold out”, il che significa un gran bel successo per l’artista americana di Boston che si è imposta con il tempo all’attenzione di tutti grazie al suo “songwriting” e grazie anche alla sua voce, ultraterrena, incantevole, capace di regalare sogni e magie.
Canzoni molto intime e solo in apparenza tranquille, brani fortemente introspettivi che Marissa interpreta con un filo di voce, quanto basta però per attrarre a sé tutti i presenti stretti fra i banchi della chiesa. Le radici della Nadler risalgono al romanzo gotico americano della fine del 700, leggi “Wieland” di Charles Brockden Brown , ma anche al folk basico di John Fahey, alla canzone d’autore di fine anni Sessanta, su tutti Leonard Cohen, o ancora alla poetica malinconica e dolente di Elliot Smith , il cantautore morto suicida nel 2003 . Il canto evocativo di brani come “Storm” e “Bessie, Did You Make It?”, di “If I Could Breathe Underwater” o ancora della stupenda “The Path Of The Clouds”, si diffonde in sala quasi come fosse un profumo tratto da un’essenza magica, da un miscuglio di erbe rare e selvatiche. Non c’è spazio per la banalità in un concerto di Marissa Nadler : ogni nota della sua chitarra, o proveniente dal basso di una discreta ma puntualissima Monica Coat, ogni arrangiamento proposto dal funambolico Milky Burgess, hanno una logica, così come ogni strofa delle sue canzoni che narrano storie del passato ma anche drammi più recenti , originati in gran parte dalla solitudine.
La voce da soprano di Marissa rende bello e affascinante anche quello che non lo è, ma dentro la sua tranquillità non c’è solo la sua innata dolcezza, ma anche la consapevolezza amara di come va il mondo. Lo straordinario concerto di questa sera si avvia verso il termine ma ci offre la possibilità di ascoltare ancora brani come l’incantevole “Lemon Queen” e “Well Sometimes You Just Can’T Say” , come la “cover” di “Cortez The Killer” di Neil Young”, in una esecuzione magnifica, rallentata ad arte, al punto da renderla quasi irriconoscibile o ancora la splendida “All Out Of Catastrophes”, un gioiello acustico, bello ed inquietante, tratto da “For My Crimes” .
SET LIST
Drive
For My Crimes
Storm
And I Dream Of Running
If I Could Breathe Underwater
The Path Of The Clouds
Bessie, Did You Make It?
Poison
Lemon Queen
Well Sometimes You Just Can’t Stay
Cortez The Killer
Was It A Dream
All Out Of Catastrophes
Encore
Fire Crackers
Dead City Emily
Articolo del
21/11/2022 -
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