Un pubblico caloroso, costituito da molte persone che conoscevano a memoria i testi delle canzoni, e un’atmosfera allegra e festosa hanno animato il concerto di Adam Green all’Alcazar, ex cinema del quartiere di Trastevere e locale perfetto per ospitare eventi musicali in una dimensione raccolta.
Celebre per i trascorsi nei Moldy Peaches, Green, accompagnato da Francesco Mandelli alla chitarra, ha proposto brani del suo nutrito repertorio solista, gigioneggiando dall’inizio alla fine della performance davanti a un pubblico entusiasta.
Apprezzabili lo spirito giocoso e l’atteggiamento dimesso, privo di vanità (i Moldy Peaches sono stati un gruppo “cult”); un po’ meno i pezzi in scaletta, che, in versione voce e sei corde acustica, ai non iniziati saranno sembrati un po’ tutti uguali.
“Gemstones”, “Bluebirds”, “Secret Tongues”, “Buddy Bradley”, “Morning After Midnight”, “Drugs”, sono suonati con brio, e i fan li accolgono con esultanza.
Tra aneddoti, parecchie risate e qualche osservazione bislacca (“Hei! A Roma c’è una piramide”, durante “Gemstones”), trovano posto anche i migliori momenti dell’esibizione: i più intimisti “Me From Far Away” e “That Fucking Feeling”; “Breaking Locks”, “Jessica” e "NYC's Like a Graveyard”; quest’ultima, dall’album “The Moldy Peaches”, la composizione più accattivante interpretata dai due sul palco.
Degno di nota anche Ryder The Eagle, musicista che ha aperto la serata con un set più ricercato, se confrontato con le canzoni di Green. Un giovane artista promettente. Non è improbabile che qualcuno tra i presenti abbia preferito le sue a quelle dell’ex Moldy Peaches
Articolo del
16/03/2023 -
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