Una serata dall’alto contenuto rock quella del 1° luglio al festival I-days di Milano, che per la grandiosità dell’evento si è spostato all’Ippodromo la Maura, un’immensa pianura polverosa della quale si fatica a vedere la fine, se non fosse grazie alla creatura gigantesca e regale che ne segna l’ultimo confine: il palco, con i suoi maestosi grappoli di casse.
Una colonna di gente che procede fin dalle prime ore del pomeriggio verso il palco, lenta e inesorabile, senza lasciarsi prosciugare dal sole cocente, sottolinea l’importanza dello spettacolo che sta per cominciare.
L’aspettativa è altissima, stasera suoneranno due pietre miliari del rock, ma anche agli antipodi uno dell’altro: I Black Keys e Liam Gallagher. I primi riservati eviscerali, con il loro vigoroso passo blues; e poi lui, l’insolente britannico per eccellenza, che ha ridisegnato con gli Oasis la musica brit.
Compito davvero ingrato riuscire a prendere l’attenzione della folla, ma l’impresa riesce perfettamente agli inglesi Nothing But Thieves. Salgono sul palco quasi ignorati, ma riescono a conquistare il pubblico canzone dopo canzone.
Certamente grazie alla grinta del frontman Conor Mason, alla sua voce particolare, potente ma capace di toccare note altissime con un falsetto che non si sente tutti i giorni.
Aprono con Welcome to the DCC, traccia portante e ritmica del nuovo album, uscito da appena un giorno, la cui immagine a tutto schermo è proiettata sullo sfondo, e che da subito fa rizzare le orecchie al pubblico. La band suona quasi un ora, intervallando fra i vecchi pezzi come Trip Switch, e i nuovi pezzi, per chiudere con le più conosciute Is Everybody Going Crazy? e Amsterdam, lasciando il palco accompagnati dagli applausi del pubblico che, ormai adeguatamente riscaldato, sta ancora saltando.
Molti sono qui stasera per i Black Keys, perché non si esibiscono live in Italia da più di dieci anni e quando sul palco si materializza la maestosa batteria di Patrick Carney si capisce subito che fra poco suonerà una band che sfiora la leggenda.
I Black Keys nascono con una fortissima matrice blues, che caratterizza il loro sound, ma si lasciano influenzare anche dalla modernità del garage punk, senza mai abbandonare il rock indipendente e molto intimo.
Nella loro lunga discografia hanno ampiamente dimostrato di saper suonare il vecchio Blues dei padri per portarlo alle nuove generazioni, così anche i sofisticatissimi pezzi rock come In Time o Weight of love, contenuti in Turn Blue, forse fra gli album più riusciti, ma anche più complicati da ascoltare.
E i Black Keys sanno il fatto loro anche su pezzi intramontabili e radiofonici come Lonely Boy o Gold on the Ceiling, contenuti nell’album El Camino, del 2010, che li ha consacrati al successo mondiale e al grande pubblico.
L'arena è immensa e c’è bisogno di concentrarsi su di loro, per godere della loro performance. I volumi, infatti, non sono altissimi, e dieci anni si sentono sulle spalle del frontman David Auerbach.
Ciononostante, lo spettacolo è straordinario.
Riescono a veicolare l’intimità del grande Blues quasi come se si fosse tutti in un pub fra vecchi amici, Corney alla batteria non perde un colpo e gli assoli di chitarra di Auerbach sono da brividi (e anche il numero di chitarre cambiate, quasi una diversa per ogni canzone).
La scaletta è pazzesca, ripercorre gran parte delle loro canzoni più significative, donando al pubblico una serata molto varia, in un range che va dalla leggerezza alla magnificenza.
Lo spettacolo si apre con le fischiettanti chitarre di I Got Mine, per continuare molto cattivi anche su Your Touch. La voce di Auerbach, unica nel suo genere, è capace di accompagnare qualsiasi virtuosismo e dal vivo è onesta e sincera, senza sbavare mai o eccedere.
Diverso, certo, se si parla della musica. Perché i Black Keys si vanno a vedere per la musica, e non per la coreografia. Se loro due da soli ti sanno raccontare il Blues, con una band che li supporta passano al livello successivo, come su Everlasting Light dove vorresti che gli assoli di chitarra durassero all’infinito.
Orgogliosi, certo, che molte delle loro canzoni siano state prodotte del seminterrato di Patrick, ad Akron, nell’Ohio, e infatti sulle prime note di Heavy Soul, Dan sorride, imbracciando la sua chitarra e si rivolge al pubblico: “Pronti a rintonare ancora nel basement?”
Commoventi Fever e Weigh of Love perché sono due canzoni, una scarna nella sua bellezza e l’altra così sofisticata, che credi sia impossibile da riprodurre live. Ma loro ci riescono, sanno prenderti per mano e farti iniziare un viaggio fra le mille sfumature del Blues.
Tutti si scaldano e saltano su Gold non the Ceiling (come non farlo?) e lo show convoglia verso una chiusura capolavoro, con una splendida Little Black Submarines.
Le note arrivano lente, solleticano il cuore, le mani vibrano sulla chitarra acustica per poi, dopo un breve stacco, riprendere la seconda parte in tradizionale e portare la folla nelle correnti del rock più puro. Lonely Boy, che non necessita di ulteriori presentazioni, chiude in maniera epica il concerto.
Intanto è calata la notte, il palco si accende per accogliere Liam Gallagher. Il parterre straripa di persone per l’ex Oasis, desiderose di fare un tuffo nel passato con le vecchie, grandi glorie della band inglese. Gallagher, con tre album solisti all’attivo, non riesce mai a scollarsi del tutto di dosso questo suo magnificente passato.
“Ce ne sono fan degli Oasis qui dentro? chiede diverse volte. Perché, sebbene le sue nuove canzoni seguano la traccia di quelle della ex band, non riescono a parlare al pubblico nello stesso linguaggio.
Liam Gallagher dal vivo rimane un grandissimo performer, con una personalità fortissima e indubbie capacità canore. È difficile staccargli gli occhi dosso e si rimane incantati in attesa che suoni la canzone successiva.
Ma, quando partono canzoni come Stand by me, o Wonderwall il pubblico da tutta un’altra risposta. Proprio per questo il concerto di Gallagher, sebbene energico e piacevole, non è riuscito del tutto a dare il passo di una nuova musica o una nuova personalità, rispetto a come il cantante inglese aveva abituato i fan. La chiusura con Champagne Supernova ha qualcosa di epico e di senza tempo, come solo la grande musica Rock può fare provare.
Set list The Black Keys live @Ippodromo La Maura Milano 1° luglio 2023
I got mine Your Touch Tighten Up Have Love, Will Travel Everlasting Light Next Girl Fever Heavy Soul Weight of Love Lo-Hi Howlin’ for You Ten Cent Pistol Gold on The Ceiling Wild Child She’s Long Gone Little Black Submarines Lonely Boy
Set list Liam Gallagher live @Ippodromo La Maura Milano 1° luglio 2023
Morning Glory Rock’n’roll Star Wall of Glass Better Days Why Me? Why Not C’mon You Know Stand by Me Roll It Over Slide Away More Power Diamond in the Dark The River Once Cigarettes & Alcohol Wonderwall Champagne Supernova
Articolo del
10/07/2023 -
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