(foto di Giancarlo De Chirico)
Ian Anderson ha fatto le cose per bene in occasione del tour che celebra i 60 anni di attività musicale dei Jethro Tull, gruppo ormai leggendario da lui stesso fondato a Luton, Bedfordshire, Inghilterra, a metà degli anni Sessanta.
Il vero segreto dello straordinario successo della band è stato quello di riuscire ad incorporare elementi di folk britannico, di jazz, di blues, di musica classica e di hard rock dando vita così a sonorità quanto mai energetiche e originali che sono state poi l’embrione di un primordiale Progressive Rock. Molto tempo è passato da allora: Ian Anderson adesso ha 76 anni. Conserva ancora dal vivo la presenza scenica di un tempo, ma ovviamente la sua voce non puo' raggiungere le tonalità alte di un tempo. Non c’è più accanto a lui la chitarra elettrica di Martin Barre (altro segno di un’epoca), ma una band formata da musicisti piu giovani, ma altrettanto validi: ci riferiamo a Joe Parrish-James, alla chitarra elettrica, John O’Hara, alla chitarra ritmica, David Goodier, al basso e Scott Hammond, alla batteria.
Sono loro i nuovi Jethro Tull, guidati - con una professionalità tale da rasentare il perfezionismo - dal “grande vecchio”, Ian Anderson, al flauto traverso e alla voce. Vietate riprese video e fotografie per tutta la durata del concerto. Perfino la Rai Tv non è riuscita a trovare un accordo con Mr Anderson per alcuni minuti di “live footage”. Il via libera arriva solo per gli ultimi minuti che coincidono con una esecuzione strabordante e ricca di ritmo di “Locomotive Breath”, un classico dei primi anni Settanta, che viene supportata da un video che scorre freneticamente sul monitor. Ma andiamo per ordine. La prima botta al cuore si registra proprio in apertura dello show, quando il flauto di Ian Anderson introduce una versione elettrizzante di “Cross-Eyed Mary”, tratta da “Aqualung”, un album storico pubblicato nel 1971. Neanche il tempo di riprenderci che subito arriva “We Used To Know”, da “Stand Up” del 1969, una ballata fantastica che viene annunciata attraverso un aneddoto ben poco noto.
Sembra che gli Eagles abbiano preso in prestito le linee armoniche del brano al momento di registrare “Hotel California”, il loro più grande successo. Ma non c’è nessuna acrimonia nel ricordo di Ian Anderson che - al contrario - dedica la canzone agli stessi Eagles che “l’hanno trasformata in un brano ancora più bello”. Un signore, un vero “gentleman”, un altro tuffo al cuore per quanti come me hanno cominciato ad imparare l’inglese attraverso le parole di quella canzone, trascritte sul diario scolastico, tradotte, studiate al dettaglio fino ad impararle a memoria. Si procede con “Heavy Horses” e altri brani importanti fino ad arrivare a “Wolf Unchained”, un brano tratto da “RokFlote” (il Flauto Rock), l’album più recente pubblicato dai Jethro Tull. Si tratta di un “hard rock” incisivo ed incalzante in cui la sezione ritmica della band aizza le gesta del suo anziano “vocalist” che sembra di colpo tornare giovane.
Chitarre che raspano si mescolano a ululati feroci in quello che è un elogio alla libertà, che nell’occasione prende la forma di un animale selvatico, troppo spesso temuto, ma solo da chi non lo conosce. La prima parte dello spettacolo di chiude con un altro classico: la riproposta di “Bourèe”, da un tema musicale di Johann Sebastian Bach, adattato in chiave rock dal flauto del nostro menestrello leggendario. Dopo un breve intervallo, i Jethro Tull tornano sul palco e presentano un’altra carrellata di brani vecchi e nuovi, fra i quali spicca “Mrs Tibbets”, tratto da “The Zealot Gene”, altro grande album, uscito nel 2022. La canzone mette a confronto il bombardamento di Hiroshima, in Giappone (l’aeroplano U.S.A. che sgancia la bomba atomica era pilotato dal colonnello Paul Tibbets) con l’episodio di Sodoma e Gomorra narrato dalla Bibbia.
Un altro momento importante che ribadisce ancora una volta la scelta antimilitarista e pacifista del nostro menestrello moderno. Non poteva mancare l’esecuzione di “Aqualung”, ma la versione originale - evocativa ed emozionante come al solito - é preceduta da una interessante “Aquadiddley”, una sorta di “medley” che dilata al massimo i temi musicali della canzone stessa e che lascia spazio ad assoli e a mirabili interventi solistici. Di “Locomotive Breath” vi abbiamo già scritto: il tripudio finale sommerso da sferragliate di chitarre elettriche e dal rullare della batteria (non c’era neanche una tastiera sul palco). Una serata nostalgica in ricordo di quello che è stato per molti degli spettatori presenti? Forse, ma anche qualcosa di più.
Una testimonianza di appartenenza, di lealtà da parte di chi non ha alcuna intenzione di arrendersi ad una realtà che in questi ultimi anni è mutata, purtroppo in peggio.
SETLIST
Set 1:
Cross-Eyed Mary We Used to Know Heavy Horses Weathercock Sweet Dream Holly Herald Wolf Unchained Mine Is the Mountain Bourée in E minor (Johann Sebastian Bach )
Set 2:
Farm on the Freeway The Navigators Warm Sporran Mrs Tibbets Dark Ages Aquadiddley Aqualung Encore: Locomotive Breath
Articolo del
13/02/2024 -
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