Avrebbe dovuto essere Steve Kilbey, bassista e vocalist dei Church, ad aprire la serata, ma la necessità di sottoporsi a delle cure mediche gli ha consigliato di annullare le date del tour europeo. Un vero peccato, perché il leader dei Church non aveva mai suonato dal vivo qui da noi.
Al suo posto è arrivato, sempre dall’Australia, Hugo Race, chitarrista e vocalist, ex Birthday Party ed ex Bad Seeds, con Nick Cave, almeno fino al 1984. Lui lo abbiamo già ascoltato in diverse occasioni, anche perché si era trasferito in Sicilia ed aveva vissuto in Italia per un periodo piuttosto lungo. Adesso è tornato a Melbourne, ma viene da noi sempre molto volentieri. Questa sera ci ha presentato dal vivo brani tratti dalla sua carriera solista e alcuni pezzi scritti con i Wreckery, la band con cui anni fa , dal 1985 al 1989, aveva deciso di tornare a proporre quelle sonorità “dark wave” che lo avevano caratterizzato agli esordi. Il repertorio di Hugo Race rimane oscuro e intimista, improntato ad un blues scarno ed essenziale che fa da supporto ad una vocalità malinconica e ombrosa. Ascoltare brani come “Lost In The Material World”, “Altered States”, “Overload”, “Darkside”, “Smoking Gun” e “Beat My Drum” ci ha permesso di fare un viaggio a ritroso con pensieri ed emozioni di un passato recente, che ci ha visto tutti coinvolti.
Poco dopo le 21, 30 entra in scena Kristin Hersh, chitarrista e cantante americana originaria di Boston, molto nota per essere stata protagonista di una stagione musicale eccellente con le Throwing Muses, gruppo “post punk” e “alternative rock” della metà degli anni Ottanta. A partire dal 1995 però Kristin Hersh intraprende la sua carriera solista e pubblica un fantastico “debut album” intitolato “Hips And Makers”, disco che contiene “Your Ghost”, grande “folk ballad” che ha eseguito dal vivo anche questa sera, nel corso della quarta data del suo primo tour italiano. Un vero piacere ascoltarla dal vivo, perché la aspettavamo da tempo e perché Kristin è bravissima non soltanto come vocalist ma anche come chitarrista.
Il suo “folk underground” - sebbene essenzialmente acustico - è carico di elettricità e ricco di ritmo, elementi questi che sono legati alla sua estrazione punk. La Hersh ha presentato dal vivo diversi brani, in perfetto equilibrio fra passato e presente, fra i quali vi segnaliamo la bellissima “Eyeshine” , tratta da “Clear Pond Road”, il suo ultimo album; invece dal periodo trascorso con le Throwing Muses, Kristin ha eseguito brani come “Kay Catherin”, “Bywater”, “City Of the Dead” e “Cottonmouth”; molto belle anche l’esecuzione di “Your Dirty Answer”, un brano carico di inquietudine tratto da “Sunny Border Blue”, album solista del 2001 e l’interpretazione di “Poor Wayfaring Stranger”, “cover” di un noto brano di Johnny Cash. La vocalità della Hersh - a tratti roca e graffiante - è solo in apparente contrasto con la delicatezza della sua figura.
Infatti dietro la donna bella, raffinata ed elegante di adesso si cela la vera natura di un’artista colta e intelligente, estremamente diretta, che non sa fingere e che è capace di cogliere sensazioni ed emozioni dall’esterno per poi trasformarle in testi per le sue canzoni. Brani spigolosi, talvolta angoscianti, che vengono riscattati in parte dalla sua ironia. Una volta finito il concerto Kristin Hersh si è sottratta al pubblico - che voleva autografi su dischi in vinile e foto ricordo - per andare a farsi un giro in solitudine al centro di Roma, dove non era mai stata.
(la foto è di Viviana Di Leo)
Articolo del
09/04/2024 -
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