Giubilo in sala al cospetto di Bonnie Prince Billy; applausi tra un pezzo e l’altro; il brusio durante alcune esecuzioni subito zittito dagli spettatori. Devozione cieca, assoluta.
La prima parte del concerto però è uno strazio. Canzoni o interpretazioni anonime ‒ tra cui, “No Bad News”, “Bananas”, “Behold! Be Held!”; un po’ meglio, invece, “Blood Of The Wine” ‒ in una veste “da camera” (voci, chitarra classica ed/o elettrica, sassofono, tromba, clarinetto) che in qualche momento ricorda alla lontana, senza uguagliarne la meraviglia, le atmosfere fiabesche del Donovan anni Sessanta.
Purtroppo, ritorna alla memoria l’esibizione acustica di Thurston Moore all’Auditorium Parco della Musica di tanti anni fa (recensita su queste pagine). Anche in tale occasione, i presenti in visibilio davanti a una performance che sfiorava l’aurea mediocritas.
Insomma, quasi una tortura, anche per via del caldo eccessivo all’interno della sala affollata.
Quanti, tra chi assiste al concerto, rimarrebbero ad ascoltare le composizioni proposte invece di prendere una boccata di aria fresca in cortile, se il tizio sul palco non si chiamasse Will Oldham?
Abbandoniamo ogni speranza, gettati nello sconforto dallo scempio dell’esecuzione cantilenante di “I See a Darkness”, quando avviene l’imprevisto. Nei brani che seguono troviamo un Oldham diverso, che finalmente affascina con la fragile, dolente magia sonora con cui aveva cominciato a stregare tanti ascoltatori dall’inizio degli anni Novanta.
La seconda parte dell’esibizione è infatti splendida, e bilancia l’insipidezza propinata fino a quel momento. Tra momenti intimisti ed episodi più esuberanti, “Queens Of Sorrow”, “The Brute Choir” legata a “New Partner”, “Good Morning, Popocatépetl”, “This is Far From Over”, “Dream Awhile” e “Horses” sono stupende. L’intensità è emozionante, il coinvolgimento totale.
La serata si conclude, quindi, nel migliore dei modi. Benché tardivamente, le aspettative sono state soddisfatte. Tanto di cappello a Bonnie Prince Billy, che ha saputo anche stupirci, e intrattenerci, cantando “L'ultima occasione”, un singolo inciso da Mina negli anni Sessanta, con aplomb di ironia impagabile
la foto è di Anna Maria Parente il video è di Ida Stamile
Articolo del
23/05/2024 -
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