L’idroscalo di Ostia, il luogo dove venne ucciso Pier Paolo Pasolini, è a pochi chilometri da qui. Adesso è diventato un parco letterario che porta il suo nome, un giardino che si affaccia sul mare. Patti Smith lo ha già visitato e un amore profondo la lega a quel santuario laico dove fermarsi a pensare, dove ha immaginato lo stesso Pier Paolo risorgere ogni notte dal mare e continuare a vivere in mezzo a noi comunque, con i suoi scritti, con le sue poesie.
“Pasolini and the Sea”, è un “live show” unico che Patti ha pensato appositamente per mettere in atto un dialogo costante tra passato e presente, fra arte e poesia, fra letteratura e rock and roll. Con lei sul palco Jackson Smith, il figlio che avuto da Fred Sonic Smith degli MC5, alla chitarra elettrica, Tony Shanahan, al basso e alle tastiere e Seb Rochford, alla batteria. “Redondo Beach”, la canzone che ricorda il suicidio di una ragazza innamorata, va benissimo come esordio. La morte vista come sacrificio, come atto d’amore finale per la vita, in sintesi la biografia di Pasolini, un artista rivoluzionario, un poeta, un attivista politico, un regista cinematografico.
L’hard rock di “Summer Cannibals” scalda la scena: Patti Smith , quasi 78 anni d’età, dimentica una strofa, ci ride su. La recupera più tardi, promette. Le cadenze tribali dei suoni di “Ghost Dance”, dedicata alla popolazione che abita la foresta Amazzonica e “Man in The Long Black Coat”, una “cover” bellissima, tratta dal repertorio di Bob Dylan. “Cash”, la canzone scritta per Johnny Cash, il padre di tutta la musica americana moderna.
Ancora Pasolini, “Supplica a mia madre”, poesia toccante che viene letta in italiano da una amica di Patti. Non ci sarebbe il dolore senza amore: “Without You”, poesia dedicata al marito Fred Smith seguita da una esecuzione molto coinvolgente di “Summertime Sadness”, “cover” di Lana Del Rey che Patti personalizza con grande abilità e talento. “Because The Night” , note dolcissime, atto di devozione datato 1978, “Fire” di Jimi Hendrix, rock dei primi anni Settanta con Tony Shanahan, alla voce, mentre Patti si concede una pausa. Torna sulla scena accompagnata dalle note ipnotiche e avvolgenti di “Dancing Barefoot”, un pezzo che non può mancare mai in scaletta. “Peaceful Kingdom”, inframezzata dal “refrain” di “People Have The Power”, va ai bambini della Palestina, per tutto quello che sono costretti a subire. Eccolo il “reprise” di “Summer Cannibals”, con la strofa mancante, a cui si sovrappone ben presto “Pissing In The River”, liberatoria, con un crescendo fantastico, in una interpretazione molto sofferta, incredibilmente sincera.
Patti possiede una energia, una forza interiore che non corrisponde alla su età. Il potere del rock and roll, la sua religione, da sempre. La chitarra di Jackson Smith non è tonante come quella di Lenny Kaye, ma si rivela molto raffinata e puntuale, e lui possiede una base tecnica invidiabile. E’ il momento di un’altra poesia di Pasolini, ma lei non vuole leggerla, vuole continuare a suonare, a fare rock. “Lo farò domani, davanti al mare. Ve lo prometto” Qualche minuto dopo poi ci ripensa “le tradizioni sono fatte per essere abbattute, il dolore è l’altra faccia della gioia, entrambi appartengono alla vita”.
Ancora una “cover”, ancora una volta importante “Smells Like Teen Spirit”, dei Nirvana, con la figura di Kurt Cobain che torna a rivivere. Altra anima dannata del rock and roll, con tutta la sua rabbia, le sue attese e conseguenti frustrazioni. Esecuzione perfetta, oltre qualsiasi previsione. Il pubblico ondeggia sotto palco. Non ha più senso restare sui sedili di marmo del teatro romano, rispettare l’ordine di posto assegnato.
Un concerto che è stato un atto di amore incondizionato, nei confronti dei “loser” del rock and roll, verso il pubblico, che non smette di amarla. Patti Smith torna sul palco per il saluto finale e per l’esecuzione di un classico come “People Have the Power”, suo manifesto politico ed esistenziale. A sorpresa però c’è un chitarrista in più sul palco: è Thomas Raggi dei Maneskin, ben lieto di unirsi alla band e di abbracciare una delle sue figure di riferimento.
E’ danza sfrenata, corale, è una leggenda vivente che due anni fa aveva rivelato di volersi concedere una pausa. Ma è ancora qui, con un repertorio fantastico, una “set list” ben equilibrata, a metà strada fra rock e poesia, fra inferno e paradiso, alla continua ricerca di ciò che è vero, di quello che conta.
SETLIST
Redondo Beach Summer Cannibals Ghost Dance Man in the Long Black Coat Cash Summertime Sadness Because the Night Fire Dancing Barefoot Peaceable Kingdom Pissing In A River Smells Like Teen Spirit
Encore: People Have The Power
Articolo del
04/09/2024 -
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