(foto di Alessandro Sgritta)
Oltre i Led Zeppelin, indietro nel tempo, alle radici della musica moderna per un concerto che non vuole essere spettacolare, offerto da un musicista come Robert Plant che non ha alcun bisogno di essere accondiscendente.
Così quando verso la fine dello show una parte del pubblico gli chiedeva di eseguire “Stairway To Heaven” o altri vecchi successi dei Led Zeppelin, lui si è limitato ad annuire, a sorridere, senza però dare seguito a tali richieste. L’esibizione di Robert Plant & Saving Grace è tutt’altra cosa, è una rivisitazione del folk britannico, delle marce gallesi, delle vecchie “work songs” americane, del blues del Delta del Mississippi e dei gospel.
Un concerto all’insegna della purezza e del rigore in cui Robert Plant viene molto ben supportato dai Saving Grace, uno straordinario gruppo folk che vede Suzi Dian, alla voce, Matt Worley, chitarra acustica e banjo, Tony Kelsey, chitarra acustica e mandolino, e Oli Jefferson, percussioni. Un’atmosfera intima, contrassegnata da luci sul palco volutamente basse, ci ha accompagnato lungo questo bellissimo viaggio nel passato, alla scoperta di quelle che sono state sia le passioni che le principali influenze musicali di Robert Plant.
Un folk basico, oscuro e maledettamente pesante, tanto è vero che a volte mi sembrava di assistere ad una esibizione dei Lankum, la band irlandese di cui tanto si parla in questi mesi, invece che ad uno “show” del ex vocalist dei Led Zeppelin. D’altra parte il concetto di “heavy” non ruota necessariamente intorno all’aggettivo “elettrico”. Si può essere oltre modo “pesanti” senza per questo ricorrere ad abbondanti sferzate di chitarre elettriche. E in questo i Saving Grace sono maestri, ci sanno fare per davvero e suonano con una energia pari ad un concerto “hard rock”. Suzi Dian poi ha una voce deliziosa ed i suoi duetti con Robert sono fantastici: la compagna ideale per dividere con lui un palco del genere.
Una lezione dal vivo di storia della musica, raccontata da un signore come Robert Plant, maestoso, elegante e mai addomesticato, uno che non ne vuole sapere di arrendersi nonostante i 76 anni d’età. Lui è rimasto legato agli ideali del movimento giovanile dei primi anni Settanta e lo capiamo bene quando esegue una “cover” dei Moby Grape, un gruppo dell’epoca, una band straordinaria finita troppo presto e lui invita il pubblico a ricordarla, ripetendone il nome a gran voce, più volte e con forza.
Robert Plant riesce ancora a modulare la voce come faceva un tempo e ce ne accorgiamo quando esegue nuove versioni di brani tratti dal repertorio dei Led Zeppelin e mi riferisco a pezzi come “The Rain Song”, “Four Sticks”, “ Friends” e - poco prima della fine - “Gallows Pole”, da brividi, straordinaria, con un crescendo acustico fulminante che va a toccare le corde emotive di quanti hanno vissuto quel periodo come chi vi scrive, che era al Festival di Knebworth nel 1979 e che su quel suono ha costruito concetti esistenziali e norme di vita.
SET LIST
The Cuckoo Let The Four Winds Blow Four Sticks Gospel Plough Orphan Girl Ever Get Lucky Everybody’s Song The Rain Song It’s A Beautiful Day Today As I Roved Out For The Turnstiles Angel Dance Friends Gallows Pole And We Bid You Good Night
Articolo del
12/10/2024 -
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