Immaginate di attraversare una strada buia, di notte, mentre nell'aria si muovono note plumbee come nebbie oscure. Questa è l'immagine perfetta per descrivere il suono avvolgente dei Bohren & der Club of Gore. Il Monk ha fatto da scenario al loro universo silente in cui la musica, dal tocco quasi sibillino e occulto, è cinema dall'abito noir, dimensione che, tra il doom, il jazz e l'ambient, disvela territori altri.
I Bohren & der Club of Gore sul palco sono avvolti da una coltre di fumo fittissimo, mentre flebili luci ne disegnano appena i contorni e le note parlano brano dopo brano, inquiete e sfuggenti, come ombre lontane e sinuose di un panorama lynchiano. Echi di xilofono, pennellate di sax, dipinti di elettronica e lenti tagli percussivi modellano infiniti spazi paralleli. Ed è un cosmo in cui la musica vive di attimi intangibili, di atmosfere eteree e inquietanti al contempo, di respiri avvolti nell'oscurità dell'eternità e di foschie dell'anima.
Quasi a creare un contrasto con le suggestioni dell'intero live, ogni brano viene introdotto da Christoph Clöser con sobrie parole, spesso intrise di forza politica e desiderio di pace, o con concetti carichi di nonsense e ironia, tra Albano e Totti. La setlist è invece un viaggio sonoro che attraversa tutta la loro carriera, tra brani più recenti come Patchouli Blue e quelli più carichi di caligine doom come Maximum Black e Midnight Black Earth.
La grande capacità dei Bohren & der Club of Gore in sede live è quella di edificare immagini filmiche fumose e viali alberati di musica profonda cinta dalle tenebre. Chi assiste a un loro concerto viene catapultato all'interno di un affascinate altrove madido di piogge sonore misteriose, di suoni che planano oltre la superficie del tempo, enigmatici, di mondi irreali, inesistenti e solo percepibili. Un colonna sonora di un sogno sempiterno.
Articolo del
07/04/2025 -
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