Il caldo che comincia a tornare a fare capocetta in Italia a Pistoia produce un’afa che però il vento che scorre tra i vicoli intorno Piazza del Duomo, chiusa dal pomeriggio e che costringe i turisti a rimandare all’indomani la visita alla Cattedrale a all’imponente campanile che svetta accanto al palco del festival, rende vana e anzi accompagna piacevolmente l’attesa del concerto seduti tra i tavolini dei tanti locali che a fatica si riescono a trovare liberi.
Nella giornata in cui viene annunciata la data a Milano per poter assistere al tour che i Queens Of The Stone Age porteranno in giro per il mondo per la promozione del EP registrato dal vivo a Parigi “Alive in the Catacombs”, ci sono ancora biglietti disponibili al botteghino e le file che si cominciano a formare alle 2 entrate alla piazza si fanno lunghe per accaparrarsi un posto in prima fila per ammirare i 5 ragazzotti che dopo lo stop del 2024 a causa dei problemi di salute del leader, ritornano con l’ultima parte del loro ”The End is Nero Tour” che da 2 anni a questa parte promuove il loro ultimo disco in studio “In Times New Roman...”.
Come da programma, alle 20.30 precise fanno il loro ingresso sul palco del Pistoia Blues Festival il gruppo spalla scelto per le due date italiane dei QOTSA, gli inglesi The Amazons, che han cercato di preparare il pubblico, riuscendoci in maniera più che degna, giunto nella cittadina Toscana da tutto il centro e sud Italia. Nota a margine; impressionante la quantità di bambini e ragazzini presenti stasera al concerto, segno che ad ogni modo i fan del quintetto californiano è cresciuto negli anni ma siamo in tanti ad essere qui per quello che hanno rappresentato e per chi è rimasto folgorato dalla musica prodotta dalle Regine negli anni a cavallo del nuovo millennio.
Ad ogni modo, “Joe Bought a Gun” seguita da “Mother” sono state nei 45 minuti destinati per The Amazons, la parte più viva di un set notevole chiuso con il loro singolo forse più emblematico, “Black Magic”, dove si possono trovare chiare le influenze che proprio i QOTSA hanno avuto, così come dichiarato dallo stesso frontman, nel loro percorso musicale.
Cominciano a calare le luci della sera e alle 21:45, precisa come un orologio svizzero, la colonna sonora di Conan il Barbaro le fa spegnere tutte le luci e accoglie uno per uno gli eroi della serata che sta per cominciare; sarà Little Sister la prima scelta di una scaletta che avrà un crescendo che culminerà con il solito botto finale, oramai noto a tutti. Uno splendido Homme nel corso della serata inviterà a far ballare, cantare, anche sussurrare, tutto il suo pubblico; e dico suo perché si ha la netta impressione che come un gran cerimoniere riesce a gestire e portarci, così come fa con la sua band, dove vuole lui, con il carisma che in pochi frontman hanno al giorno d’oggi. Maestoso.
Seguono brani tratti da tutti i loro album ed è chiaro che gli piace stare su quel palco, che sono in stato di grazia in questa piazza; elemento degno di nota, dopo “If I had a tail” Josh Homme ferma il il batterista pronto a suonare “Paper Machete” e chiede un attimo per confidarci che dopo il periodo buio che ha passato è ritornato ad accendere nuovamente le luci. Quindi ringrazia tutti, ringrazia i suoi fan per la vicinanza dimostratagli ed è chiaro che il riferimento va non solo alla sua malattia, ma alla dolorosa separazione con Brody Dalle, la sua ex moglie leader del gruppo The Distillers, che sappiamo aver segnato profondamente l’ultima parte della sua vita privata.
Altro particolare da sottolineare è che delle 7 canzoni pubblicate nelle famose “Desert Sessions” che sono state poi riproposte negli album dei Queens of the Stone Age, stasera il buon Homme ne ha riproposte 4, segno che davvero la piazza così raccolta e uterina ha riportato il cantante al deserto di Palm Springs dove è nato e cresciuto, così come lo Stoner Rock, di cui lui è uno dei maggiori rappresentanti e responsabili della sua nascita.
Le canzoni tratte da “In Times New Roman...” alla fine non risultano troppo coinvolgenti, ci vuole “I sat by the ocean” per risvegliare un po' la piazza che con il classico sing-a-long di “Make It Wit Chu” e con “Carnavoyeur” si chiude la parte più distesa del concerto.
Ecco, da questo momento in poi il concerto prende tutta un'altra piega, saranno 40 minuti in crescendo che non darà pause né tregua. Tutto ha inizio con “Monsters in the Parasol”, precedentemente non inclusa nella scaletta, a cui segue “You Think I Ain't Worth a Dollar, but I Feel Like a Millionaire”. Il ritmo si alza notevolmente e con la successiva “Sick, Sick, Sick” si arriva al delirio: la gente comincia a correre per entrare nel pogo, le persone cominciano a volare sopra le altre e non c’è una testa che riesca a non fare headbanging. Seguirà un altro brano non compreso in scaletta (anch’esso tratto dall’album ”Rated R”) “The Lost Art of Keeping a Secret” che viene dedicata, sarcasticamente, dal cantante agli italiani, come gli unici oramai rimasti nel mondo a saper praticare l’arte di cui il titolo.
E poi sarà la volta dei 2 singoli di maggior successo dell’album più amato del gruppo, quel “Songs for the Deaf” che ha fatto diventare i Queens Of The Stone Age uno dei gruppi più conosciuti nel panorama hard rock mondiale. Josh Homme confida al pubblico che sarebbero stati suonati per il bis ma che “se siete d’accordo facciamo a meno di questo inutile teatrino”. E cosi sia gran Maestro, fai di noi quello che vuoi. Ed eccoci arrivati al solito botto finale di cui si parlava in apertura di recensione: “A Song for the Dead”.
Se avete assistito già ad un concerto dei Queens of The Stone Age sapete di cosa si parla, se avete visto un qualsiasi video dal vivo del gruppo da 20 anni a questa parte sapete che significa quel charleston che parte e aspetta il riff della chitarra, che poi vuol dire che siamo arrivati al capolinea. E non hai tempo per rosicare che è l’ultima della serata, perché non aspetti altro che a quel punto la canzone cominci e che ti regali quei 5 minuti dal vivo di puro delirio che nessun’altra canzone e nessun altro gruppo musicale del mondo può darti.
E così è anche stasera.
E poi finisce, e il riverbero della chitarra che rimane è alto, altissimo, ma non riesce a coprire le urla e gli applausi che si meritano questi 5 eroi che anche stasera ci hanno regalato adrenalina allo stato puro.
E poi si accendono le luci, tutte le luci. E poi le casse sparano a palla Roy Orbison che canta “It's Over”.
È ora di andare a casa, stravolti, sfiniti e felici di aver assistito ad un’opera d’arte americana.
SETLIST 1. Little Sister 2. In My Head 3. Smooth Sailing 4. My God Is the Sun 5. Negative Space 6. If I Had a Tail 7. Paper Machete 8. Time & Place 9. I Sat by the Ocean 10. Suture Up Your Future 11. Misfit Love 12. Make It Wit Chu 13. Carnavoyeur 14. Monsters in the Parasol 15. You Think I Ain't Worth a Dollar, but I Feel Like a Millionaire 16. Sick, Sick, Sick 17. The Lost Art of Keeping a Secret 18. Go With the Flow 19. No One Knows 20. A Song for the Dead 21. It's Over (Roy Orbison song)
Articolo del
17/07/2025 -
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