Eravamo rimasti alla Sophia Kennedy di quattro anni fa, quando la ragazza americana di base a Berlino pubblicò “Monster”, un disco cupo e affascinante.
Eccoci adesso ad ascoltare “Squeeze Me”, il suo nuovo album, il terzo in ordine cronologico, e vi diciamo subito che si tratta di una vera e propria sorpresa, inaspettata, ma senz’altro interessante. Il disco risulta quanto mai diretto ed accessibile, contaminato dall’elettronica quanto basta, improntato ad un pop raffinato ed elegante, in alcune occasioni piuttosto “catchy”, se vogliamo, però mai banale.
Sophia Kennedy ci presenta dieci tracce originali, scritte e prodotte con Mense Reents (Egoexpress, Die Vögel, Die Goldenen Zitronen), suo collaboratore di vecchia data. Preceduto da singoli molto validi come l’esaltante “Hot Match”, al quale hanno fatto seguito “Rodeo” e “Imaginary Friend”, il nuovo album affronta con una certa ironia, mista a disillusione e disincanto, tematiche importanti tipo la qualità delle relazioni umane, i sentimenti e i giochi di ruolo in amore e la questione della autodeterminazione. L’abito che è stato prescelto per la sua narrazione musicale è un pop sofisticato, a tratti minimalista, con l’aggiunta di ingredienti psichedelici.
Ci sono piaciute molto infatti canzoni come “Runner”, “Feed Me” e anche “Upstairs Cabaret” dove Sophia e Mense inseriscono elementi di mistero ad un contesto elettronico già di per sé affascinante. Una segnalazione particolare merita senza dubbio “Closing Time”, una ballata malinconica per piano e voce posizionata verso la fine del disco. “Squeeze Me” affronta i problemi e le contraddizioni, non li risolve. Sophia non ha le risposte adatte, valide per tutti. Si limita a regalarci un discorso più maturo, un album più coeso all’interno del quale la leggerezza dell’approccio non si sposa con la superficialità.
Da ascoltare.
Articolo del
29/05/2025 -
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