Sembrava fosse finita, dopo quaranta anni di carriera e, in particolare, dopo l’ultimo tour, quello del 2023. Invece no, Michael Gira ha deciso di dare forma ancora una volta alla sua creatura, gli Swans.
Il nuovo album (il diciassettesimo disco in studio della band) è stato intitolato “Birthing”, un richiamo evidente al concetto di nascita, un ultimo disperato vagito che procede controcorrente, a contrastare un mondo falso e ingannevole al quale non si appartiene più. Siamo all’ascolto di un’opera enorme, che vuole essere definitiva, che dura un’ora e cinquantacinque minuti, suddivisa però in appena sette brani. Il primo disco si apre con “The Healers”, che si dipana lungo un substrato “ambient” di oltre venti minuti all’interno del quale si innesta il canto sciamanico di Michael Gira, tanto suggestivo quanto temibile. Quasi a metà percorso si sviluppa un crescendo ritmico fatto di percussioni ostili.
Si prosegue con “I Am A Tower” che, dopo una lunga “intro” a carattere ipnotico, prende un aspetto più definito e lascia intravedere anche accenni “wave” che hanno una certa somiglianza con “Heroes” del trio Bowie, Fripp, Eno. “Sono una Torre“ canta Gira “Sono il Potere della Mente, sono la Fine del Tempo”. Il disco si chiude con “Birthing”, l’elettronica si mescola ai suoni di timpani e di campane tibetane per poi dare vita a un sussulto ritmico incalzante, interrotto solo dal canto onirico di Gira, in una ballata che assume un vago sapore psichedelico:” La Verità rimane non detta / Il canto dei bambini, le loro grida, non hanno più significato /Siamo alla fine?” E giù un vortice percussivo che fa star male, che percuote lo stomaco e ti lascia solo memoria del dolore.
Il secondo disco invece comincia con il canto ossessivo e i “beat” ripetuti all’infinito di “Red Yellow”, seguita dalla glaciale, mortifera “Guardian Spirit” dove Gira canta “La tua libertà è finta/il tuo nome è stato sostituito/nel tuo specchio appare il mio volto/nel mio Universo la tua preghiera è la mia maledizione/ Adesso bevi il mio latte, scava la tua fossa, nuota in questa merda”. A seguire poi, l’elettronica inquieta di “The Merge”, con quel suo incedere cupo e tambureggiante, costellato da momenti “noise”. L’ascolto di “Rope”, un brano lungo e solo strumentale, richiede preparazione e capacità di astrazione: inizialmente sembra di essere tornati ai tempi di “No Pussyfooting” di Eno e Fripp, e le chitarre elettriche di Christoph Hahn e di Norman Westberg ritagliano orizzonti onirici e sperimentali.
Un gran bel sentire, una sorta di estasi psichedelica molto coinvolgente. Sul finale Michael Gira riprende a cantare: lo fa su “Away”, una ballata quasi “ascoltabile”, con una linea melodica ben definita, quasi conciliante ma - a ben sentire - in netto contrasto con le liriche del brano che parlano di separazione e di distacco. In sintesi possiamo affermare che “Birthing” è un album davvero importante, che non si discosta molto dalle ultime produzioni degli Swans, ma le ribadisce attraverso sonorità martellanti ed ossessive che si innestano su momenti di quiete apparente.
Sia il cd che il vinile sono corredati da un dvd formidabile che contiene un “live solo” di Michael Gira del 2022 e un “live” del 2024, filmato dall’amico Marco Porsia, che riprende gli Swans alle prese con l’esecuzione di “The Beggar”.
Articolo del
26/06/2025 -
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