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The Reds, Pinks and Purples
The Past Is A Garden I Never Fed
2025
Fire Records
di
Andrea Salacone
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Le lodi sperticate che ormai si tributano a tante uscite indie fanno un po’ sorridere.
Creatura dell’americano Glenn Donaldson arrivata al traguardo della decina di album (il primo risale al 2019), i The Reds, Pinks and Purples propongono canzoni piacevoli, graziose e carezzevoli; sono però una fotocopia, per quanto impeccabile, di qualcosa di già visto e già sentito.
Un collage di idee musicali che trae felicemente ispirazione da molteplici filoni legati alle sonorità prodotte da etichette indipendenti (ma pure da alcune major che avevano ingaggiato artisti un tempo estranei ai grandi circuiti discografici) negli anni Ottanta e Novanta, e che si rivela privo di apporti personali significativi.
“The Past Is A Garden I Never Fed”, raccolta di brani “rari” (questo annuncia lo sticker in copertina), farà trascorrere quaranta minuti in gradevole compagnia di melodie già ascoltate, di giri di chitarra ora delicati ora più graffianti che rimandano ad altri dischi e ad altre band, e di una voce che canta aggraziata e uniforme.
Arrivati a metà della scaletta, sette dei quattordici pezzi sono già difficili da distinguere. Si prosegue con fermezza fino alla fine e si rimette più volte il disco nel lettore (per fortuna abbiamo optato per la versione in CD, che costava la metà dell’LP). Ascolti ripetuti non sortiscono un effetto diverso.
Le distorsioni ingentilite di “The World Doesn’t Need Another Band” si increspano in “I Only Ever Wanted to See You Fail”. “A Figure on the Stairs” addolcisce l’atmosfera mescolando chitarre acustiche ed elettriche, ed è forse uno dei momenti più riusciti di “The Past Is A Garden I Never Fed”.
“Slow Torture of an Hourly Wage” strizza l’occhio agli Smiths di “There Is a Light That Never Goes Out”. “Trouble Don’t Last” è lenta e noiosetta. “You’re Never Safe from Yourself” abbraccia incondizionatamente i canoni dell’indie-rock anni Novanta più orecchiabile (con ceselli di sei corde tra Pixies e Dinosaur Jr).
“My Toxic Friend” potrebbe essere, soprattutto nel ritornello, un’outtake dei Guided by Voices periodo “Earthquake Glue”. Si apprezzano di più la delicatezza di “Your Taste Makes You Strange” e, in chiusura, “There Must be a Pill for This”, voce e chitarra acustica, con nuovamente Robert Pollard dietro l’angolo.
Quando la musica finisce resta l’impressione di aver ascoltato una raccolta di composizioni carine, benfatte, ma sostanzialmente inutili. E viene la voglia di farsi accarezzare e al contempo strapazzare le orecchie in modo diverso, mettendo sul piatto un LP dei Buffalo Tom
Articolo del
22/10/2025 -
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