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Il 12 marzo del 1967 usciva un album che ha segnato lo spartiacque tra “il prima e dopo”. 'The Velvet Underground & Nico' rappresentò l'inizio di una nuova primavera musicale in una fase in cui, dopo la sbornia degli anni sessanta, le direzioni della musica (rock) avrebbero preso una traiettoria irreversibilmente diversa.
Nonostante fosse pronto da almeno un anno e fosse rimasto in stand-by a causa dell'ostruzionismo di Frank Zappa, il rivale di etichetta, la Verve Records specializzata fino ad allora in jazz, il disco di esordio discografico dei Velvet Underground ebbe immediatamente un potentissimo effetto.
Dopo aver frequentato per un paio d’anni la scena sotterranea newyorkese, Lou Reed e John Cale trovarono la quadratura perfetta con Sterling Morrison (alla chitarra), Maureen Moe Tucker (batteria e percussioni) tenendo tutto insieme con la voce profonda e spettrale di Nico, ex modella tedesca (apparsa ne 'La dolce vita' di Federico Fellini) e presentata da Warhol alla band poco prima di entrare in sala di registrazione.
Fu proprio la copertina firmata da Andy Warhol (la mitologica banana gialla) il marchio di fabbrica dell'album, una banana gialla che nelle prime copie era anche sbucciabile. Il disco “vendette solo poche centinaia di copie alla sua uscita ma – raccontò Brian Eno – ciascuna di quelle persone che lo acquistarono oggi è un critico musicale o un musicista”. A farlo arrivare in superficie fu il passaparola, la successiva fama di Lou Reed e i riconoscimenti più o meno indiretti, David Bowie che presto incise una cover di 'I’m Waiting for the Man'.
Il primo disco dei Velvet Underground e Nico contiene una serie di capolavori che andrebbero elencati seguendo l’ordine delle tracce di questo prezioso vinile (Sunday Morning', 'I'm Waiting for the Man', 'Femme Fatale', 'Venus in Furs', 'All Tomorrow's Parties' 'There she goes again', 'Run Run Run', 'The Black Angel's Death Song'. 'Heroin').
Per la rivista Uncut è “il più grande album di debutto di tutti i tempi”, Rolling Stone nel 2003 lo ha inserito al tredicesimo posto nella lista dei 500 migliori album della storia della musica, The Times lo ha collocato all'undicesimo posto. E pure la copertina, diventata un'icona pop e stampata su migliaia di magliette, è considerata da Rolling Stone la decima tra le cento cover più significative della storia.
La più grande eredità che lascia questa opera discografica è sicuramente l’influenza che il suo suono e la sua filosofia hanno trasmesso a molti dei successivi protagonisti degli anni settanta e ottanta dai Television, a David Bowie, Sonic Youth, Suicide, Pere Ubu, Kratfwerk, Can, R.E.M., Pixies, Pavement, Joy Division, Stereolab, Smiths, Brian Eno, Talkin Heads, Wire, Gang of Four, Nirvana, Low, Cure e Jesus and Mary Chain, gli Stooges di Iggy Pop, Yo La Tengo. E chi più ne ha più ne può mettere
Articolo del
12/03/2017 -
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