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88 milioni di visualizzazioni sul canale Youtube, un singolo, “Sportswear”, ascoltato da 16 milioni di utenti e un disco d’oro per il brano “Caramelle” che fa da apripista a “Twins”, l’album del debutto nazionale della Dark Polo Gang che molto probabilmente polverizzerà diversi record dell’industria musicale italiana.
I millennials e i giovani li osannano, i brand della moda internazionale li corteggiano per fare breccia su un pubblico nuovo, il pubblico dell’Italia che verrà, la domanda commerciale dei prossimi anni.
Roma, Rione Monti, 2014. Side, figlio di un noto regista e sceneggiatore italiano, e Pyrex, entrambi classe ’94, riempiono pomeriggi pieni di niente (e di fumo), facendo trap, sottogenere della musica rap nato a inizio anni ’90 nel sud degli Stati Uniti d’America, molto ascoltato dai giovani di tutto il mondo. Insieme registrano “Hypervenom”, singolo che riscuote un discreto successo.
Poi arriveranno anche Wayne, il Capitano Tony EFFE, e soprattutto Sick Luke, produttore e, attualmente, indiscusso Re Mida della musica italiana insieme a Charlie Charles. Sick Luke è il quinto uomo che come un’ombra segue la DPG, in silenzio, protetto da spessi occhiali da sole. I principini della trap italica non amano gli stereotipi. Vivono nel quartiere Monti della capitale e provengono da famiglie agiate come affermato da Wayne, il laureato del gruppo, ma anche dagli altri membri in alcune interviste.
TONY EFFE, SIDE, WAYNE, PYREX, SICK LUKE: i Fab 5 dello showbiz italiano. Dico showbiz e quindi “mondo dello spettacolo”, perché sarebbe riduttivo, e forse poco appropriato, recludere la Dark Polo Gang come fenomeno strettamente musicale. In realtà, alla luce dei risultati commerciali e dei numeri in termini di copertura mediatica, la DPG è ormai divenuto un espediente nella storia della comunicazione italiana. Un gruppo di 5 ragazzi under 25 che scrive, registra, produce e promuove (e impone) la propria musica raggiungendo un pubblico di 80 milioni di persone, senza una vera e propria etichetta discografica alle spalle. Sono sponsorizzati dalla Nike, e probabilmente anche Fendi, Gucci e Valentino mandano loro accessori in regalo e recentemente vengono spesso avvistati sotto l’ala protettiva di Marcelo Burlòn, stimato stilista argentino.
I numeri parlano da sè: l’Italia e non solo, segue le cronache dei Cavallini di Roma minuto per minuto. Storie di Instagam, dirette, video su Youtube; qualsiasi contenuto pubblicato dalla 777 viene visto e commentato da milioni di pischelletti, così come vengono chiamati i fan della DPG.
Tuttavia, c’è un’altra Italia che li odia: i puristi del rap, i rapper falliti, quelli che sanno rappare, Achille Lauro, le case discografiche e tutti quelli che stanno a rosicà tanto per capirci. Il successo della Dark Polo Gang è vibrante e accecante ma non mancano di certo le critiche e i dissing tra gli esperti del settore che li indicano come le ultime marionette delle sottili trame dell’industria dello spettacolo incapaci di chiudere una barra in tempo.
Critiche poco credibili considerato che provengono da pulpiti, vedasi Achille Lauro, ottimo rapper e sublime paroliere, che in quanto a fighettinismo la sanno lunga. Il fatto è che il successo repentino della 777 non è andato giù ad interpreti che da anni, nonostante doti indubbie, provano a sfondare. I 777 sanno incassare e contrattaccare senza con sagacia e ironia. Si prendono molto sul serio, si vedono come i trend setter dell’Italia del futuro, ma allo stesso tempo, giocano molto con l’immagine, molto spesso facendo dell’autoironia.
La verità è che lo stile della Dark Polo Gang, è un non stile caratterizzato però da una tecnica di espressione che trova diversi punti di incontro con alcuni degli stili narrativi che hanno segnato la letteratura moderna, uno su tutti lo Stream of Consciousness, il “verismo” del pensiero; in cui l’autore registra, a volte anche molto dettagliatamente, ogni singolo pensiero del personaggio,così come affiora alla coscienza. Questi pensieri, poi, portano il soggetto a fare dei collegamenti mentali (a volte anche senza un apparente filo logico), la cosiddetta libera associazione di idee riportandolo alla propria situazione reale e rivelandogli una nuova verità.
In una puntuale analisi sulla Dark Polo Gang, Valentina Della Seta definisce così la poetica della band romana: ”… i testi della Dark Polo Gang si muovono nello spazio, ma non nel tempo, si liberano dalla dittatura dell’autobiografia, del cantautorato, della forma racconto. Nessun altro ci riesce, non Sfera, non Tedua, non Danien & Theo (che pure sono molto raffinati)”.
Mi sono imbattuto nella DPG circa tre mesi fa inseguito a un servizio mandato in onda su Nemo (Rai 2). Non avevo mai sentito parlare di questo fenomeno e devo ammettere che anche io, inizialmente, non ho speso parole di elogio nei confronti di questo progetto: superficiali, pacchiani, nosense… l’ultima trovata di una discografia patinata mordi e fuggi. Mi sbagliavo. La Dark Polo Gang è la massima espressione di un’esigua parte, ahinoi, dell’Italia di oggi che preferisce il fare al non fare, che se ne frega dei sentieri tracciati dalle generazioni precedenti decidendo di intraprendere percorsi di vita alternativi, per raggiungere traguardi inesplorati, risultato di un’attitudine proattiva e non vittimistica nei confronti di un sistema politico assente e di una società seduta sui liquami di una morale ormai smentita e trapassata
(l'articolo integrale è disponibile sul https://blogstermind.org/)
Articolo del
10/07/2017 -
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