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Nel giugno di 31 anni fa, David Bowie arrivava in concerto in Italia per la prima volta con il Glass Spider Tour. Rai 5 celebrerà l’evento con la messa in onda il 13 giugno, alle 21.15 (e poi in seguito anche in replica e su RaiPlay), del docu-film Bowienext – Nascita di una galassia. A due anni e mezzo dalla scomparsa dell’iconico artista britannico la Rai gli dedica un film “corale” unico nel suo genere, il primo dedicato ad una popstar. Ideato e realizzato dalla giornalista Rai Rita Rocca, BOWIENEXT è un vero labour of love che raccoglie video tributi artistici da tutto il mondo: cortometraggi, animazioni, testimonianze di vita, spettacoli teatrali, performance, brani originali dedicati a Bowie et alia. Qualche giorno fa abbiamo sottoposto Rita Rocca a un fuoco di fila di domande per saperne di più su questo oggetto ancora in parte “misterioso” molto atteso da tutti i fan del Duca Bianco, e non solo.
Insomma Rita, come è nata questa idea di BOWIENEXT?
L’idea di un film tributo che riunisse video dedicati o ispirati a Bowie è nata qualche mese dopo la sua morte. L’ho presa come un impegno personale, perché come professionista e documentarista, ma allo stesso tempo grande appassionata della musica e dell’arte di David, ho sentito l’esigenza di dare vita ad un film celebrativo. Non sono mai stata una fan “manifesta”, nel senso che non andavo in giro con le spille di Bowie o acconciata come Ziggy Stardust o ero iscritta ai fan club … insomma, con segni evidenti di “fanatismo”. Però ho sempre seguito la sua musica e soprattutto tutti gli spunti culturali che David, nelle interviste e nei testi, ci regalava. Ho cominciato a seguire questo “maestro leggero” da adolescente e mi ha guidato nella mia crescita culturale e forse mi ha indirizzato nella scelta del mio percorso professionale di futura giornalista e regista televisiva. Quando Bowie è morto ho iniziato a leggere tutti i post, i messaggi su Facebook, sui social, che lasciavano i fan e raccontavano le loro storie. E ho scoperto che la mia storia personale era molto simile a quella di migliaia – forse di milioni – di persone, di ragazzi, che avevano conosciuto e incontrato la musica e l’arte di Bowie in età adolescenziale. La cosa mi ha stupito. Com’era stato possibile che una rockstar fosse riuscita ad entrare e in qualche modo orientare le vite dei suoi fans?
Quando hai scoperto per la prima volta Bowie? Che effetto ti fece?
Quando lo vidi per la prima volta a RaiDue a Odeon era il 1977, ero giovanissima, mi colpì tantissimo, non so nemmeno perché, capivo poco d’inglese, ma il giorno dopo ero un’altra ragazzina. La mia visione del mondo, di adolescente, era cambiata. Non mi bastava più la piccola realtà della scuola e degli amici, volevo crescere culturalmente e se vogliamo anche artistico. Dopo aver visto Bowie, non so io nemmeno perché, ho sentito il desiderio di espandere i miei orizzonti. Non mi accontentavo più di quel futuro che sembrava già scritto per me dai miei genitori. Era un gesto di ribellione è vero, ma in senso costruttivo. Bowie mi ha aiutato a capire che in ognuno di noi ci sono potenzialità straordinarie, ma bisogna credere in sé stessi e soprattutto impegnarsi a fondo. Per me in questo, David è stato fondamentale. L’idea di BOWIENEXT, di un film collettivo, nasce da questo. Il mio è stato fondamentalmente un gesto di gratitudine. Nel senso che, è vero che tutto quello che abbiamo nella vita dipende dalle nostre azioni e dalle nostre scelte, però gli insegnamenti diretti e indiretti di Bowie hanno forse determinato le mie scelte di vita, e mi hanno portato a fare un lavoro bellissimo. Nel senso che poi ho avuto anche fiducia in me stessa: questi “eroi” del quotidiano che riescono a cambiare le proprie vite, in positivo, in qualche modo.
Cosa ti ha colpito della sua morte?
Sono rimasta stupita dall’intensità del dolore che stavo provando alla morte di Bowie. Un dolore che provavano tutti i fan… Questa mancanza, questo senso di vuoto come se avessi perso una persona di famiglia… e mi sono chiesta: come è possibile provare un dolore così forte per una persona che in fondo poi non hai mai conosciuto personalmente, non hai mai frequentato…? Era successo qualcosa di strano, di diverso rispetto alla scomparsa di altre pop star. Percepivo il desiderio dei fans quasi di riportarlo in vita. Così ho sentito l’esigenza di mettere insieme dei frammenti. Come se si fosse spezzato un cristallo, qualcosa di prezioso. Questi frammenti [sono giunti] dai fan nel mondo, magari non tutti, alcuni, particolarmente sensibili. E quindi questi frammenti sono dei piccoli semi di genio, di ispirazione “bowiana” che hanno attecchito, hanno germogliato e che rappresentato la vita futura di Bowie… il Next Bowie…
Sul piano pratico quindi cosa hai fatto? Come hai fatto a lanciare questo “messaggio nella bottiglia”? Sul piano pratico sono partita non con una piccola idea, bensì con una grande idea: raggiungiamo i fan nel mondo, questo grazie al web oggi è possibile – ho creato grazie al supporto di amici fidati e ingegneri informatici che hanno costruito un sito web molto bello, BOWIENEXT per dare indicazioni su che tipo di contributi video realizzare da inserire nel film. Poi sono stati fondamentali i social per diffondere “la chiamata”: realizza un tributo ispirato a Bowie. Non piangere ma fai un gesto di gratitudine nei suoi confronti. Crea qualcosa di bello ispirato a lui. E’ la creatività l’omaggio più grande a David.
Come nasce il titolo BOWIENEXT?… E poi la grafica con questa “E” girata cosa significa?
Il titolo, BOWIENEXT, nasce da un microsondaggio fatto tra amici e tra fan, quindi poi mettendo insieme un po’ di cose è venuto fuori questo BOWIENEXT. Next perché il film non parla solo di Bowie ma vuole essere una finestra sulla sua eredità artistica per le prossime generazioni. E poi la mia amica grafico Virginia Arati ha pensato a questa E che si gira, perché è la “second life” di Bowie, perché è una sutura tra passato e futuro. E la sua creatività in divenire: nei fan, nei musicisti, negli artisti che si ispirano e si ispireranno a Bowie chissà ancora per quanti decenni. E quindi NEXT era proprio questa idea di dare una seconda vita a Bowie, mettendo insieme tutti i frammenti di creatività che venivano dagli artisti nel mondo. Artisti che però nascono come fan di David. Grazie alla sua ispirazione hanno prodotto qualcosa di bello.
Quando siete partiti con il tam tam e quando sono arrivati i primi video?
A fine maggio siamo partiti con il sito web BOWIENEXT, scritto in italiano e in inglese, realizzato dal web designer Alfonso Rapuano. Era un sito bellissimo, semplice ma elegante, tutto nero con delle immagini di David lavorate in paint. Poi la pagina Facebook, un pochino di Twitter, non tantissimo perché questo richiedeva davvero tanto tanto tempo. I fan hanno risposto subito positivamente. Nel giro di pochi mesi avevamo già migliaia di contatti da tutto il mondo. Ho montato dei brevi video creativi che sono piaciuti molto e in breve tempo sono divenuti virali sul web ed hanno lanciato il progetto. Si distinguevano da tutto ciò che girava on line perché aveva un’impostazione artistica, creativa. Non le solite foto con le frasi e i cuoricini. Non abbiamo mai voluto lanciare la cosa come qualcosa di ufficiale, anche se all’inizio, vista la professionalità del sito e dei video, in tanti pensavano che l’iniziativa partisse dal management di Bowie. Noi siamo stati molto chiari fin dall’inizio: si tratta di un progetto indipendente, potrebbe diventare qualcosa di veramente bello e importante ma dipenderà dal tipo di materiali che riceveremo. La sfida era interessante perché nessuno poteva immaginare cosa sarebbe venuto fuori, che tipo di video avremmo ricevuto. Non poteva esserci una sceneggiatura o una trama stabiliti a priori. Il film si sarebbe in qualche modo costruito da solo come un grande cut-up, e da questo mash up sarebbe venuta fuori la traccia del film, per libere associazioni… diciamo pure per libere emozioni. Ci scrivevano in tanti per sapere cosa fosse questo progetto… qualcuno diceva: ma tu sei David…? No, noi siamo un progetto, noi tutti siamo Bowie, nel senso, la sua creatività… Per cui mettiamo insieme questi pezzi. E devo dire che è stata una soddisfazione, perché c’è stata una risposta incredibile. Io ho sempre avuto la convinzione che se questo film fosse andato in porto, i pezzi del puzzle sarebbero arrivati da solo e si sarebbero quasi composti da soli. Un po’ è stato così.
Ognuno quindi ti ha mandato i suoi contributi, però ognuno in un campo differente della sua creatività, giusto?
Sì, perché la richiesta era abbastanza ampia. Nel senso: avete la possibilità di mandare dei contributi che comunque siano visivi – dei video – che però possono essere dei cortometraggi, possono essere delle animazioni, possono essere delle vostre testimonianze di vita… Dei contributi di video arte … Qualsiasi cosa: spettacoli teatrali, performance, brani originali dedicati a Bowie… ma la cosa fondamentale era: non copiarlo, non prendere dei pezzi di repertorio, non prendere delle cose di Bowie, ma creare qualcosa di originale ispirato a lui. Questo era il tributo, il “dono”. Perché il film nasce, l’idea è proprio quella di un dono, la gratitudine: siamo grati a Bowie per averci dato tanto. Non solo la musica, ma anche degli insegnamenti. Di vita, di cultura, di arte eccetera. E quindi regaliamo il nostro contributo. E devo dire che poi sono arrivate delle cose molto belle e molto professionali, superiori anche alle mie aspettative. A quel punto il gioco è diventato importante. Nel senso che poi quando sono arrivati i video, dalla Nuova Zelanda, per dire, o dall’Argentina, mi sono quasi commossa. Nel senso che: caspita, siamo arrivati così lontani…! E allora la cosa è diventata un pochino più seria… Ho cominciato a lavorare, a questo punto anche sulle testimonianze. Non più solo sui fan ma anche sui musicisti che avevano lavorato con David. Ma anche personaggi che lo avevano conosciuto. E quindi raccogliere delle testimonianze. Perché a quel punto la curiosità era anche quella, da una parte una curiosità quasi giornalistico-sociologica, da una parte esplorare il mondo dei fan: cioè, che cosa è arrivato ai fan di Bowie, quindi questo specchio riflesso. Quindi la percezione che i fan hanno di Bowie nel mondo. E dall’altra parte invece la percezione, la visione delle persone che hanno incontrato Bowie, soprattutto che hanno lavorato con David Jones: “Ma chi è David Jones? La curiosità…Com’era nella vita? Come lavorava?”
Poi hai effettuato anche un “pellegrinaggio” nel corso della lavorazione.
Sì, oddio, non si è trattato proprio di un pellegrinaggio. C’è stata quest’occasione del primo Celebrating Bowie a Londra dove questo chitarrista musicista americano che si chiama Scrote ha messo insieme i musicisti delle band di Bowie ma anche altri musicisti. Quindi c’è stato questo grande evento per il suo 70° compleanno nel 2017 a Londra e ho colto l’occasione per andare a Londra. E ho conosciuto Garson, Slick, che sono stati ben felici di raccontare il loro David. E poi ho colto l’occasione per fare questo viaggio verso i luoghi della sua infanzia e giovinezza. E anche lì il caso mi ha inviato Jerry T. Jones che è un musicista inglese che si ispira e anche lui è fan di David, che aveva già mandato un brano musicale. E lui si è offerto di farci da guida. E poi era così bravo e convincente, mi è venuto da chiedergli: “devi stare tu in video, ci racconti tu la Londra di Bowie”. E quindi abbiamo fatto questo viaggio bellissimo. Certo sarebbe stato troppo lungo metterlo tutto nel film, ma ne vedrete alcune tappe. Il caso ha voluto che facessimo questo tour proprio l’8 gennaio il giorno di quello che sarebbe stato il 70° compleanno di David. Siamo partiti proprio da lì, da Stansfield Road dove lui è nato. Il caso ha voluto che avessimo affittato una stanza proprio nella via parallela di Stansfield Road, a Brixton. Quindi ci siamo un po’ lasciati trasportare, mi hanno accompagnata degli amici. E’ stata una cosa molto bella e emozionante.
Tra i personaggi legati a Bowie, musicisti registi e attori, che hai incontrato ce n’è uno che ti ha colpito di più? O cosa ti ha colpito di più?
La disponibilità, la bellezza e la solarità. Da Mike Garson a Gail Ann Dorsey, da Wakeman a Mark Platì, ho incontrato delle persone affabili, gentili, amichevoli, semplici… molto lontane dallo stereotipo della rock’n roll band. Ad esempio, con Platì, mentre lo accompagnavo alla stazione dopo l’intervista, tenevo lo stereo accesso mentre andava Station To Station e ci siamo ritrovati a cantare a squarciagola “the return of the Thin White Duke…” come due adolescenti compagni di scuola. Ci siamo messi a ridere quando ce ne siamo resi conto. Con il grande danzatore Lindsay Kemp è nata un’amicizia dai tempi di Flowers, ritrovarlo in occasione di BOWIENEXT è stato meraviglioso. Provo un grande affetto e ammirazione per lui. Dopo l’intervista Kemp ci ha cucinato un fantastico piatto di pasta ai frutti di mare. Insomma Bowie accomuna… sono una specie di affinità elettive. Credo che David fosse uno scopritore e un catalizzatore di persone di grande talento ma anche di grande sensibilità e semplicità. E Bowie era in grado di far sentire appagati i suoi collaboratori. Wakeman dice: “Quello accanto a David, era il modo più libero di lavorare che abbia mai conosciuto”.
Da questa esperienza sono nate delle amicizie allora…
Sì. E’ vero… BOWIENEXT mi ha aperto un mondo. La cosa bella e grande che ho avuto sono le amicizie che nate grazie a questo progetto. Cioè, queste amicizie che è quasi una … una fratellanza... come si può dire? Perché poi alla fine conosci delle persone nel mondo che hanno un’affinità con te. E l’affinità, il punto di contatto è David, non c’è niente da fare. E quindi sono anime gemelle che si incontrano. Anche quando ho conosciuto Jerry, è come se l’avessi conosciuto da sempre. Quando ho incontrato Francesco Donadio [ride, ndr]. Quando ho incontrato, per caso, sui social, Alice Rovai che ha realizzato questi disegni fantastici. Io non sapevo nemmeno che lei avesse 20 anni. E quando ho saputo che lei era così giovane dopo 6 mesi che lavoravamo a The Shadow Man sono rimasta impressionata della sua arte ma anche della sua capacità, profondità di entrare nelle storie… Straordinaria, una ragazza straordinaria, un talento vero. E allora chissà: David ha sempre sostenuto i giovani artisti, forse BOWIENEXT porterà fortuna a tutti coloro che hanno contribuito a realizzarlo. Perché sia chiaro: io ho messo l’idea, tanto lavoro e tantissima caparbietà per arrivare sino in fondo… ma se non avessi avuto la collaborazione degli artista/fan, dei musicisti dalla band di Bowie e dei miei amici, questo film non sarebbe mai nato. E’ stata un’opera colossale per un singolo. E io ho pensato: forse questa è un’occasione anche per i giovani artisti per tirar fuori la propria creatività. Il progetto nasce veramente puro, per il piacere di farlo. Devo poi dire grazie al direttore di Rai 5 Piero Corsini che ha creduto da subito nel progetto e a Rai Cultura che lo ha accolto tra le sue produzioni. Grazie alla Rai, BOWIENEXT è diventato un film di 1 ora che andrà in onda su Rai 5 il 13 giugno e poi fruibile in streaming su Rai Play.
Nato indipendente, BOWIENEXT è diventato un progetto RAI con dei vincoli, anche, di durata. E’ stato difficile condensare tutta questa mole di materiale in soli 55-60 minuti, e sei soddisfatta di quello che è venuto fuori?
Sono soddisfatta, però sempre con grande modestia… Non avevo mai osato avvicinarmi a Bowie anche se faccio questo lavoro, faccio la giornalista, la regista, da tanti anni, però… Anche se ho incontrato David diverse volte sul mio lavoro, non avevo mai osato avvicinarmi a lui professionalmente, perché, insomma, non si può essere troppo coinvolti sul lavoro. In questo caso, con grande modestia, sì, sono molto soddisfatta. Scegliere da questa mole enorme di testimonianze, di opere che sono arrivate, è stato molto doloroso, devo dire. Perché anche scegliere le interviste – ci sono delle interviste bellissime: Wakeman, la Dorsey, Garson – sono dei ricordi fantastici…. Ovviamente tutto non poteva rientrare nel film, perché un’ora è tanto, è tantissimo per la televisione, però è poco per quello che potresti raccontare di un personaggio come Bowie chiaramente. Quindi la scelta è stata dolorosa. Sono stata quasi male. Però sono soddisfatta, perché poi le cose si costruiscono da sole. Con David va così. E’ come se ci fosse questa regia esterna, per cui le cose vanno un po’ da sole. Vanno lasciate crescere e bisogna seguire un po’ il percorso che vogliono prendere, un po’ come la musica. E quindi sono molto contenta perché poi è stata un’operazione grandissima di cut up video, quindi riprendendo un po’ anche la tecnica di Bowie, questa era l’idea: arriveranno tante cose, tante storie diverse che andranno a costruire un’altra storia. E poi è venuta fuori anche una storia di David, in qualche modo. C’è questo doppio specchio, di lui raccontato in due modi: dai fan (come lo vedono i fan) e anche raccontato attraverso le testimonianze dei personaggi. Però ecco: un grande cut up, non ha un filo cronologico, non è didascalico… Non mi sarei mai permessa di fare un film strettamente biografico su David, perché su un personaggio che non ha mai voluto una biografia ufficiale, non mi sarei mai permessa di tagliargli addosso una biografia ufficiale. Quindi, sono racconti, sono memorie, sono flashback che vanno a comporre questo puzzle che è Bowie, di fatti. Ognuno ha il suo, ognuno mette il suo.
Cosa hai imparato, di Bowie e in generale, alla fine di questo film? Cosa ti è rimasto? Cosa ti ha “dato”?
Quello che mi ha dato è quello che forse mi aspettavo che mi desse, è questa fiducia in me stessa. Nel senso che David dice: “fai, fai, devi fare.. non ti capiscono, è una cosa difficile, è una cosa impossibile… ma perché non la fai? Non ti lamentare: falla! Vai avanti e vedrai che ce la farai…” Quindi, con mia grande soddisfazione mi sono detta: "OK David, avevi ragione, ce l’ho fatta!" E quindi sono felice di questo. Quello che ho capito, più che su Bowie, su cui sappiamo tante cose, forse ho capito qualcosa di più su David Jones, sulla sua persona, sul suo essere una persona molto “normale”, molto umana, sulla sua umanità. E quindi in qualche modo, con questo film, credo di avergli restituito quella parte di umanità che una rockstar mondiale finisce per perdere agli occhi dei fan che lo elevano a divinità. Credo che lui ci tenesse molto a questa sua umanità, a questo suo essere David Jones. La sua umanità, le sue fragilità, la sua timidezza, la sua dolcezza. Ho scoperto la sua leggerezza e il suo essere onesto con i suoi musicisti. La capacità di farli sentire creativi e apprezzati, di farli crescere assieme a lui. Era un umano con delle potenzialità straordinarie che ha saputo tirar fuori e che ha saputo valorizzare. E questo è l’insegnamento. Perché ce le abbiamo tutti queste potenzialità. Ci dobbiamo credere. Certo, non tutti diventeremo delle pop star internazionali come Bowie. Però nel nostro piccolo possiamo esserlo. E possiamo essere dei piccoli eroi – perché no – tutti quanti.
Articolo del
04/06/2018 -
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