Dal 20 al 24 maggio si è svolto a Napoli l’evento “Le metamorfosi della tradizione. Attorno alla canzone napoletana” promossa dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e parte integrante del progetto “Agli albori della canzone napoletana”. Le iniziative culturali che hanno avuto luogo nel Palazzo reale, storico edificio borbonico situato nel cuore di piazza del Plebiscito, sono state impreziosite dalla presenza di ospiti importanti che sono intervenuti su gli aspetti più significativi della grande tradizione musicale napoletana, evidenziandone anche l’evoluzione avvenuta nel corso della sua lunga e ricca storia.
Punto esclamativo della rassegna non poteva dunque che essere il concerto che ha visto in cartellone nomi importanti della musica napoletana e non solo, tra reinterpretazioni di grandi classici, folclore e nuovi modi di intendere la musica d’autore partenopea.
L’evento finale del 24 maggio è andato in scena nel Cortile delle Carrozze all’interno del Palazzo reale, in un pomeriggio inoltrato tutt'altro che primaverile, fatto decisamente insolito per una città ha fatto del clima mite una delle sue peculiarità agli occhi del mondo.
Ad aprire la kermesse è stato Florin Barbu, esibitosi per l’occasione con brani appartenenti alla nobile arte della canzone napoletana come “Anema e core” e “Maruzzella”. Può l’amore per una terra sì amata, ma pur sempre straniera, andare oltre le barriere linguistiche? Barbu è la risposta che probabilmente mette tutti d’accordo, tale è la passione che egli riversa da anni per la città partenopea.
Ad accompagnare il musicista rumeno (ma napoletano d’adozione) e alcuni degli altri artisti sono stati Antonio Ragosta (chitarra elettrica), Mario Mazzenga (basso), Cristiano Califano (chitarra classica) e Raffaele Di Fenza (batteria e percussioni), per la supervisione artistica e musicale di Alessandro D’Alessandro (live electronics e organetto).
Espressività, veracità e sentimento sono stati i tratti distintivi della performance di Peppe Servillo & Solis String Quartet, che hanno divertito e deliziato i presenti accorsi all’evento. L’artista, fratello del noto e apprezzato attore Toni, si esibito con il quartetto d’archi sulle note di “Mm'aggì 'a curà”, “Che t'aggia dì” ed “Esta' (Nun voglio fá niente)”, facendo leva sulle sue notevoli doti interpretative, la riprova che il palcoscenico è di casa nella famiglia Servillo.
Sul palco anche Roberto Colella, leader del gruppo folk napoletano La Maschera, rappresentante di quella corrente musicale che può a tutti gli effetti definirsi come “il nuovo che avanza” della musica popolare napoletana ed etnica. Il giovane e apprezzato cantautore si è reso protagonista di un’intensa performance con un classico come “Tu ca nun chiagne”, concedendo al pubblico anche un’anteprima di un brano inedito che molto probabilmente ritroveremo nel prossimo album del gruppo.
L’imbrunire ci ha ricordato che la canzone napoletana d’autore vanta anche grandi voci femminili, e donna è stata anche la serata protrattasi tra le mura dell’imponente Palazzo Reale. Viviana Cangiano e Serena Pisa del gruppo EbbaneSiS hanno eseguito “Rundinella” e proposto la loro personale interpretazione in napoletano di “Bohemian Rhapsody” dei Queen, una versione che ha riscosso enorme successo sul web. In altre circostanze reinterpretare una pietra miliare della musica contemporanea sarebbe sembrato quasi oltraggioso, ma la napoletanità del pezzo è stata così intensa che anche i puristi della leggendaria band d’Oltremanica avranno apprezzato l’omaggio del duo femminile verso Freddie Mercury e soci.
Subito dopo è toccata a Maria Pia De Vito esibirsi riportando in auge altri capolavori del passato tra cui “'Mmiez'ô ggrano“, per giunta eseguita senza accompagnamento musicale, aspetto che ha messo in risalto le doti canore della veterana della scena jazzistica locale e internazionale.
Ed è stata la stessa De Vito ad annunciare Flo, con quello che appare a tutti gli effetti come un passaggio di testimone tra due generazioni accomunate però dallo stesso amore, ma chiamiamola pure indomita passione, per la musica d’autore partenopea. Continua dunque il momento d’oro della cantautrice che ha così festeggiato in grande stile (e con un giorno d’anticipo) il primo anniversario dell’uscita del suo terzo album, “La Mentirosa” (la cui recensione è disponibile su queste pagine). Acclamata dai presenti, Flo ha dato ancora una volta sfoggio della sua accattivante voce e forte presenza scenica portando sul palco i brani “Presentimento” e “Freva 'e criscènza”. Non si esagera affatto nell’affermare che assistere a una sua esibizione dal vivo è un regalo che ogni appassionato di musica dovrebbe concedersi almeno una volta nella vita. Con il suddetto invito che potrebbe estendersi tranquillamente anche al resto degli artisti e musicisti che si sono avvicendati nel ventoso pomeriggio di maggio.
L’esibizione di Daniele Sepe si potrebbe poi racchiudere nella sua bonaria, seppur inoppugnabile, dichiarazione secondo cui nella musica napoletana e popolare in generale niente si crea dal nulla, né tanto meno si butta via niente. Ecco quindi che uno dei più fulgidi talenti musicali di questa terra ha disegnato musica di qualità con il suo sassofono proponendo in versione strumentale anche “Scetate” nel suo arrangiamento originale, ben supportato dagli altri musicisti presenti sul palco.
La quattro giorni di appuntamenti tematici si è quindi chiusa così com’era iniziata, con Florin Barbu richiamato sul palco, che ha pescato nuovamente nello sconfinato mare della canzone napoletana d’autore: “Passione” e “Carmè, Carmè” (scritta da Totò per il film “Un turco napoletano”), quest’ultima un omaggio quanto mai azzeccato al grande patrimonio culturale di cui Napoli può fregiarsi. Applausi quindi per il rumeno napoletano così come per tutti coloro saliti sul palco a testimoniare una vera e propria devozione per la musica napoletana.
“Le metamorfosi della tradizione. Attorno alla canzone napoletana” è stata a tutti gli effetti una di quelle occasioni speciali per analizzare, raccontare e cantare un patrimonio musicale di inestimabile valore culturale. E alla fine poco importa se per una volta Napoli non è stato “'O paese d' 'o sole”, perché a scaldare i cuori dei presenti sono stati artisti e musicisti di valore assoluto, interpreti veraci di una tradizione musicale che resiste nel tempo e muta, mantenendo però intatto il suo inconfondibile fascino
Articolo del
27/05/2019 -
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