Riccardo Rossi che parla di Riccardo Rossi in uno spettacolo dal titolo “Rossinjazz”.
Forse non capiterà più nella mia vita di poter disquisire di qualcosa con una tale sovrabbondanza di omonimia. A parte le evidenti somiglianze anagrafiche, quello a cui ho assistito, nella serata del 14 luglio 2020, è stato uno spettacolo unico nel suo genere. E questo perché Riccardo ha indubbiamente una verve scenica ed un modo di narrare che avvince e diverte in egual misura, senza mai risultare ripetitivo o noioso.
Nato nel 1962 l’attore e conduttore romano ha portato in scena alla Casa Del Jazz, nell’ambito della rassegna “I Concerti Nel Parco”, un lungo show della durata di più di un’ora, in cui ha ripercorso alcune tappe fondamentali del suo percorso formativo in ambito musicale, il tutto coadiuvato dalla presenza sul palco di due eccezionali musiciste: Cristiana Polegri, voce e sax, e Silvia Manco al pianoforte. Nel suo viaggio Rossi sceglie di partire dall’inizio, dalle memorie di un bambino che ascoltava il padre cantargli, al posto di una comune ninna nanna, le epiche note della colonna sonora di un film drammatico come Exodus, pellicola del 1960 diretta da Otto Preminger.
Ogni memoria è continuamente inframezzata da piccoli o grandi aneddoti e da un dialogo continuo, che salta e si destreggia con schizofrenica allegria tra le risa del pubblico e le due musiciste, spesso tirate in ballo da Riccardo come parte integrante di questo mix irresistibile tra umorismo e musica. Tra i ricordi più esilaranti è impossibile non citare quello di una foto fatta con Stevie Wonder negli anni 80 insieme ad un membro italiano della sua orchestra dell’epoca, a cui Rossi aveva promesso, in seguito, di consegnare una copia, fatto che è poi avvenuto quasi per caso proprio in questa serata alla Casa Del Jazz, dopo anni in cui il tutto era stato sovente rimandato per via dei più diversi impegni quotidiani.
Oppure la strana avventura vissuta con Pat Metheny, più volte incontrato e fotografato a distanza di breve tempo tra New York e Roma, sempre con gli stessi abiti e, forse, con l’idea da parte del chitarrista statunitense che Rossi assomigliasse più alla figura di uno stalker che a quello di un semplice ed appassionato fan. Silvia Manco e Cristiana Polegri adempiono al collante necessario a tenere uniti questi avvenimenti alle magnifiche canzoni che ne hanno fatto da sfondo, riarrangiando con grande bravura e sensibilità ogni pezzo.
Nell’avvicinarsi all’epilogo dello spettacolo Riccardo va a soffermarsi in un caloroso ricordo ed abbraccio immaginario di un grande protagonista della commedia italiana: Alberto Sordi.
Nel rincorrere come in altre occasioni l’opportunità di una fotografia, ci si ritrova a riscoprire nuovamente l’incredibile vita di Sordi, che, come ricorda anche Riccardo, fu anche un importante soprano che operò nella scena durante gli anni della sua giovinezza.
Appunto finale va alla vera e propria epopea mitologica che ha visto Albano Carrisi, nel 1999, fare causa a Michael Jackson per una presunta violazione del diritto d’autore sul brano composto anni prima dallo stesso Carrisi, dal titolo “I cigni di Balaka”. Riccardo ne enfatizza in modo squisito gli aspetti tragicomici della vicenda, ed il pubblico non può far altro che ridere, e ridere, e ridere.
Ci si congeda dunque così dal piacevole fresco che ha avvolto il parco della Casa Del Jazz, con la consapevolezza di aver passato del tempo di qualità in compagnia del coinquilino più piacevole di tutti, il sorriso.
Articolo del
15/07/2020 -
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