MUSE è la mostra fotografica gratuita organizzata da Bass Culture srl e dall’associazione Il Tre Ruote Ebbro, del fotografo musicale attivo dagli anni ’70 Guido Harari che, fino al 31 agosto, animerà il centro storico di Locorotondo, all’interno del programma del Locus Festival, facendo scoprire ad appassionati di arte, turisti e curiosi i volti, le vite e le carriere di circa 40 donne che hanno fatto la storia della musica.
Stampate in una cromia rosso-nero-oro, dislocate lungo nove punti del centro storico, estrapolate dal prezioso archivio fotografico di Harari, alcune fotografie presentano un QR code che, inquadrato tramite smartphone, apre delle tracce audio di circa due minuti contenenti le canzoni che hanno reso famose le artiste, una breve descrizione di Guido Harari, affidata alla voce dell’attrice Licia Lanera, che trova i sostantivi più giusti per riassumere la loro personalità e il loro ruolo nella storia della musica, gli aneddoti legati al momento dello scatto, per lasciare nuovamente spazio alla loro musica.
Musica e fotografia, fotografia e musica: due forme d’arte che da sempre dialogano tra loro, nelle copertine dei dischi e delle riviste musicali, negli shooting fotografici promozionali, nelle locandine dei concerti, nelle foto dei live, nei murales dedicati a band e cantanti leggendari, nelle immagini digitali create appositamente per il web e i social media. Due forme d’arte riunite nella mostra MUSE di Guido Harari.
In una serata di agosto piuttosto fresca decido, munita di curiosità e voglia di perdermi tra i vicoli, di fare una passeggiata nel centro storico di Locorotondo per visitarla. Per trovare e raggiungere tutti i punti della mostra si hanno due possibilità: aprire la mappa presente sul sito del Locus Festival con Google Maps o seguire, come in una caccia al tesoro, la via che i loghi della mostra, appesi ai lampioni presenti nei vicoli, indicano. Scelgo quest’ultima opzione e mi ritrovo a passare più volte nelle stesse stradine, perdendomi, ma godendomi il senso di questo girovagare e ammirando le numerose decorazioni tra fiori, quadri e centrini che abbelliscono il centro storico.
Nell’esporre le fotografie sulle bianche pareti di Locorotondo, Guido Harari compie delle scelte precise: inquadra le artiste in primo piano, focalizzando l’attenzione sui loro volti, sulle loro espressioni, o, al massimo, in piano americano; raggruppa le cantanti e musiciste secondo affinità stilistiche, nazionalità, generi. Il fotografo alterna foto realizzate in studio, come quelle scattate a Ornella Vanoni, Sade, Antonella Ruggiero, Miriam Makeba, scatti effettuati nella natura, come quelli di Ginevra Di Marco, Cristina Donà, Tracy Chapman, istantanee in cui le protagoniste si esibiscono o salutano il loro pubblico, come nel caso di Patty Pravo, Nina Simone, Tina Turner, Whitney Houston, Joan Baez, in cui abbracciano i propri strumenti, come fa Bonnie Raitt con la sua chitarra, mentre al suo dito capeggia lo slide, che le ha permesso di diventare famosa per la sua particolare tecnica di esecuzione, in cui sono ritratte nei camerini del Festival di Sanremo, come nel caso di Marianne Faithfull, ospite della kermesse nel 1982.
Mi accorgo quasi immediatamente del fatto che quello che sto esplorando è quindi un percorso musicale, storico (lo scatto più vecchio risale al 1980, quello più recente al 2019), informativo e scelgo di leggerlo secondo le molteplici chiavi di lettura che offre. Le fotografie di Guido Harari raccontano i sogni, le discriminazioni razziali, l’impegno sociale di Nina Simone, icona della musica jazz che ha influenzato lo stile della chitarrista maliana Fatoumata Diawara, fotografata proprio in occasione del Locus Festival del 2019. La sua world music rimanda a geografie musicali, a ritmi provenienti da lontano, come quelli jazz di “Mama Africa”, alias Miriam Makeba, delegata alle Nazioni Unite impegnata nella lotta al regime dell’apartheid e di Mercedes Sosa, simbolo della canzone popolare argentina e della battaglia per la pace e i diritti civili contro la dittatura.
Parlano dell’evoluzione dei generi musicali, che ha permesso, all’inizio degli anni ’90, nel contesto della rinascita del rock italiano, a Cristina Donà, cantautrice indipendente dalla musica misteriosa e sofisticata, di emergere e della loro commistione, sperimentata da Giuni Russo, cantautrice palermitana scomparsa troppo presto capace di spaziare tra pop, musica colta, elettronica e lirica. Gli scatti rappresentano l’arte nelle sue varie forme e l’eclettismo delle icone femminili raffigurate, come dimostrano la poliedricità di Joni Mitchell, cantautrice d’eccezione, pittrice, fotografa, scrittrice, sperimentatrice sonora, artista visiva e di Kate Bush, cantautrice, compositrice, musicista, danzatrice la cui Wuthering Heights (1978), ispirata al romanzo omonimo di Emily Brontë, è stata rivisitata, tra le altre, da Mia Martina, Elisa e Cristina Donà, altre protagoniste della mostra. Illustrano i cambiamenti che hanno interessato la moda: dall’abbigliamento trasgressivo, leopardato e punk di Lene Lovich e Nina Hagen, che aveva chiesto a Guido Harari di essere fotografata con un costume da suora, alla parrucca blu elettrico, colore di capelli che diventerà un suo must, di Loredana Bertè, dagli abiti lunghi, decorati con forme e fiori di Noa e Ginevra Di Marco, all’impermeabile nero lucido e le autoreggenti di Milva, dalle divise pseudo-militari di Chrissie Hynde e di Sinéad O’ Connor agli abiti tradizionali africani di Miriam Makeba e maliani di Fatoumata Diawara, per arrivare al chiodo di pelle classico di Tina Turner o pieno di bottoni come quello di Annie Lennox.
Le istantanee fanno trasparire l’attitudine rock, disinibita ed energica che si scontra con i dettami dell’industria musicale italiana di Gianna Nannini, a cui avevano chiesto di essere una «cantautrice postfemminista alla Cocciante», come spiega Harari, e di Loredana Bertè, di cui è esposto uno degli scatti, l’unico a non presentare la cromia rosso-nero-oro, dello shooting realizzato per la copertina dell’album Jazz (1983) in cui Loredana, parrucca blu elettrico e trucco pesante, guarda l’obiettivo in modo spiritato, ma che fu scartato dai discografici perché non rendeva abbastanza riconoscibile la cantante. Dalle fotografie della stessa Bertè e della sua cugina americana Tina Turner, rockstar internazionale con grinta da vendere, traspaiono ferite, cicatrici, vissuti dolorosi, voglia di farcela e riscatto. Per diverse copertine dei suoi album, ritratta proprio in quella realizzata per La mia razza (2004) si è affidata a Guido Harari la sorella di Loredana, Mia Martini, cantautrice raffinata che ha interpretato pietre miliari della musica italiana, da Almeno tu nell’universo (1989) a Gli uomini non cambiano (1992), da La nevicata del ’56 (1990) a La musica che gira intorno (1994), scelta per la traccia audio collegata alla sua fotografia.
Ci sono poi le icone che sono state le frontwoman di band, in grado di far parte di un gruppo e, allo stesso tempo, di brillare di luce propria come Chrissie Hynde, cantante e chitarrista del gruppo pop rock The Pretenders, Annie Lennox, fondatrice, insieme a David A. Stewart, del duo elettro pop Eurythmics, Skin , leader della band londinese Skunk Anansie, Beth Gibbons, voce sensuale e sofferente del gruppo trip hop inglese Portishead, Liz Fraser, sperimentatrice di vari registi vocali nel gruppo Cocteau Twins, pioniere del genere dream pop, Sade, leader dell’omonimo gruppo jazz pop britannico, Siouxsie Sioux, cantante della band punk rock Siouxsie and the Banshees e del duo di rock alternativo The Creatures, le italiane Ginevra Di Marco, splendida vocalist dei C.S.I. (Consorzio Suonatori Indipendenti) e Antonella Ruggiero, sofisticata cantautrice tra i membri fondatori dei Matia Bazar, prima di intraprendere la carriera da solista. Le fotografie ritraggono giovani cantautrici italiane, talentuose, profonde e versatili, come una giovane Elisa, immortalata, poco più che ventenne, per le strade di Londra e la catanese Carmen Consoli, fotografata nel 1998, anno di uscita del suo terzo album Mediamente isterica.
Raccontano anche dello stretto legame di cantautrici internazionali con l’Italia, come nel caso di Joan Baez, figura fondamentale per la musica folk e la lotta per i diritti civili che ha collaborato con Ennio Morricone, della sacerdotessa del rock Patti Smith, amante del cinema italiano esibitasi tante volte nel nostro paese e di Noa, cantante israeliana, cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia che ha interpretato Beautiful That Way, colonna sonora del film La vita è bella (1997) di Roberto Benigni e collaborato con Pino Daniele.
Guido Harari ha fotografato dive, come Milva, la pantera di Goro scomparsa quest’anno, la donna colta dalla folta chioma rossa, grande attrice teatrale ed interprete di musica popolare, sperimentale, canzone d’autore e tango, ritratta super sensuale, durante lo shooting da cui sarà selezionata la copertina del suo disco Uomini Addosso (1995) e di antidive, come la riservata e l’evasiva Tracy Chapman, che, agli shooting fotografici, preferisce di gran lunga suonare e cantare, entrando nella sua dimensione naturale.
E proprio a Milva somiglia, per registro vocale e influenze musicali, dal musical al cabaret, il contralto Ute Lemper, attrice e cantante tedesca che, nel servizio fotografico di Harari, dal quale verrà selezionata la copertina del suo disco Illusions (1992) gioca con la sua sensualità e le pose da femme fatale. Tra le altre muse dotate di straordinarie doti vocali troviamo le già citate Mia Martini, Antonella Ruggiero, Kate Bush, Noa. Gli scatti ritraggono infine donne impegnate in sodalizi artistici, come quello intelligente e sperimentale nato tra Alice e Franco Battiato, fotografati nella periferia milanese dei primi anni ’80, mentre un istante di malinconia per il grande maestro scomparso recentemente sopraggiunge in modo improvviso, e quello sentimentale di Lou Reed e Laurie Anderson, rockstar, leader dei Velvet Underground, fotografo e poeta lui, artista avanguardista che ha mischiato musica e installazioni multimediali lei, sposi dal 2008, ritratti in un momento di grande tenerezza e intimità in occasione del loro unico tour insieme del 2002.
Sorridenti, malinconiche, strafottenti, schive, stoiche, sensuali, a braccia conserte e a mani giunte, ad occhi chiusi o spalancati, queste icone musicali giocano con l’obiettivo, sfidano chi le giudica e le vorrebbe diverse, godono dell’affetto del proprio pubblico, comunicano le loro emozioni, i loro vissuti, fino a far trasparire le loro anime. Le MUSE fotografate da Guido Harari sono ritratte nel loro mondo, quella della musica.
Articolo del
27/08/2021 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|