The Knick è una serie tv trasmessa dalla rete Cinemax, attualmente in onda. La serie ha debuttato l’otto agosto in America. The Knick ha tutte le caratteristiche del prodotto di alta qualità. Ideata da Jack Amiel e Michael Begler, diretta da Steven Soderbergh, per tutti i dieci episodi che ne compongono la prima stagione, interpretata da Clive Owen. Questo dovrebbe già essere un buon motivo per vedere almeno il pilot, anche per chi detesta il genere ospedaliero.
E’ di questo che si tratta, malati, malattie e morti, tanti in questo caso, visto che la medicina chirurgica era ai primi passi agli inizi del 900. Sebbene di ER, Medical Investigation, Grey’s Anatomy e vari, siamo abbondantemente stufi, quasi come dei serial polizieschi, questa si pone in modo differente, e non solo per il periodo storico, la New York del primo novecento. E’ un prodotto ambizioso, più cinematografico che seriale. Ricorda “A young doctor’s notebook” una serie British tratta da “I racconti di un giovane medico”, di Mikhail Bulgakov ambientata nello stesso periodo di The Knick ma in Russia. Serie un po’ splatter un po’ dark commedy incentrata sulle esperienze di Bulgakov medico. Il dottor Bombgard, alter ego di Bulgakov, si sdoppia in due e ci fa rivivere i suoi ricordi, il giovane (Daniel Radcliffe) il vecchio (Jon Hamm ).
Il primo interpreta il Bombgard del 1917, medico appena arrivato in uno sperduto e gelido villaggio, fuma, legge manuali medici e cerca di darsi un tono professionale che è ancora tutto da costruire, il secondo interpreta lo stesso personaggio nel 1934, quando a Mosca nel suo studi , ormai medico esperto, subisce una perquisizione della polizia sovietica. Per una serie di spunti divertenti, per la fotografia gelida dei luoghi ed a volte dei personaggi, per il soggetto, che è inutile dirlo è tratto da uno dei più grandi esponenti della letteratura mondiale, è molto interessane, un piccolo gioiellino una miniserie voluta senza seguito.
The Knick è diverso, da questo punto di vista, si parla già di seconda serie e deve ancora finire la prima. Prodotto e interamente diretto da Soderbergh, cerca di essere quello che True detective è stato per i serial polizieschi, uno spartiacque tra vecchio e nuovo, senza però raggiungerne l’equilibrio perfetto tra regia e sceneggiatura del pionieristico predecessore, nonostante abbia molti spunti interessanti: l’approccio agli interventi medici , gli albori se non la nascita delle tecniche più usuali; gli strumenti chirurgici oggi dati per scontati, all’epoca ancora da inventare. La mano di Soderbergh c’è, si sente e soprattutto si vede. La fotografia è perfetta, le scenografie e i costumi dettagliatissimi, le inquadrature potenti, sicure, ma qualcosa manca, qualcosa che lo pone al di sotto della serie, a mio avviso, migliore della scorsa stagione (True detective). Manca la trama solida e ben strutturata, la sorprendente sceneggiatura, il ritmo apparentemente lento ma avvincente più di un action - movie che solo uno scrittore come Nick Pizzolato riesce a trasporre da una pagina scritta ad un immagine, senza perderne forza, coadiuvato dall’abile regia di Cary Joji Fukunaga che gira sei minuti di piano sequenza, spettacolari, per una serie tv tendenzialmente statica, claustrofobica ma complessa a tal punto che ogni particolare, anche tecnico, diviene rilevante ai fini di ciò che si sta raccontando. Il titolo della serie, Knick è l’abbreviazione di Knickerbocker Hospital, luogo in cui è ambientata. Clive Owen interpreta un chirurgo, il dottor John Thackery, cocainomane ma geniale. Il personaggio è ispirato a William Halstead che prestò servizio presso il Bellevue Hospital di New York ai primi del novecento. Halstead utilizzava la cocaina, all’epoca molti medici sperimentavano i farmaci su se stessi e ne divenivano dipendenti. Halstead era un cocainomane abituale diciamo pure giornaliero, convertitosi infine alla morfina.
Se Trackey – Owen, come tossico, rimanda istintivamente a Scherlock Holms in realtà la fonte ispiratrice non è l’immaginario detective. Owen- Ttrackey è bravo, perfetto per il ruolo, ricorda il Frederick Abberline di Jhonny Deep (sagace ed intuitivo poliziotto dalle capacità premonitive, rifugiatosi in alcol e droghe per lenire dolori emotivi). Genio e razzista, carismatico ma antipatico , Owen avrà un bel da fare per non esasperare il personaggio di Trackey e mantenere in equilibrio la poliedricità di quest’uomo. Un altro personaggio di spessore è il dottor Algernon Edwards, (Andre Holland) di colore e con formazione professionale europea. La parte debole di questo personaggio è proprio il colore, altamente improbabile che all’epoca un ospedale per bianchi assumesse un nero, addirittura ridicolo che gli venisse affidato il ruolo di vice primario.
Sebbene la sceneggiatura si sia servita dei benefattori del Knick finanziatori mecenati, che nella figura di Cornelia, gestiscono l’ospedale, imponendo il dottor Algernon, la scelta narrativa è discutibile. La perfezione e cura dei dettagli storici riveste un ruolo primario, cosi appare da ogni inquadratura, per cui una “licenza poetica”, come questa è difficilmente perdonabile. Ma Soderbergh merita qualche chance in più , non è chiaro il ruolo del’l infermiera Lucy (Eve Hewson) segue il dottore per il solito clichè amoroso o nasconde qualche tendenza psicotica?, temo sia la prima, sebbene gradirei uno sviluppo proteso verso la seconda ipotesi. Senza antibiotici, senza guanti, senza mascherine, alto tasso di mortalità. Tanto sangue e scene splatter dai duplici risvolti. Il primo cattura quella parte di spettatori suscettibili al fascino del sangue, il secondo, voluto dagli autori, mostra la medicina per quello che era, una continua sperimentazione su cavie umane, una macelleria in nome di scienza e progresso. E’ questa la trama. Il pilot si apre con un parto cesareo, più mani in un ventre ricolmo di sangue, e morti, tre morti, non limitati ai pazienti in sala operatoria, sebbene tutti conseguenza di un ennesimo fallimento medico. La musica, di Clive Martinez, moderna ed elettronica è perfetta, in netto contrasto con l’atmosfera di una New York primo novecento. Accompagna le immagini in modo sorprendente, per la scelta del genere ma equilibrato a tratti ipnotico, un connubio particolarmente riuscito tra suono e immagini.
La scena del pestaggio topi, all’inizio del quarto episodio (un uomo in un ring, combatte contro topi vivi e aggressivi, calpestandoli) accompagnata dalle note di Martinez è una vera chicca, per forti di stomaco ! Buona visione
Articolo del
10/09/2014 -
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