Si è conclusa la trentaduesima edizione della kermesse torinese e ad aggiudicarsi il premio come miglior film è stato Mange tes morts di Jean-Charles Hue, un road movie dalle sfumature noir, atipico e sporco con una seconda parte travolgente su quattro ruote. Doppia menzione d’onore per il discreto N-Capace di Eleonora Danco, mentre For some inexplicable reason dell’ungherese Gàbor Reisz si aggiudica il premio speciale della giuria e il premio del pubblico.
Ad accaparrasi il premio per la miglior sceneggiatura è stato l’esilarante mokumentary in stile reality What do you do in the Shadows di Jemaine Clement. La pellicola incentrata sulla vita quotidiana di quattro vampiri, ci racconta in maniera ironica il confronto di questi simpatici non morti con esseri umani e lupi mannari, diventando l’occasione per una riflessione sarcastica sui ritmi del mondo contemporaneo. Ricca di horror questa edizione ha portato sugli schermi del TFF l’inquietante It follows, la seconda opera di David Robert Mitchell; inoltre è stato presentato in edizione restaurata dalla cineteca nazionale (per il suo quarantesimo anniversario) Profondo Rosso, con l’introduzione in sala di Dario Argento.
C’ è stato anche grande spazio per la Musica, e a portarla sugli schermi è stato Julien Temple, autore da sempre legato alla musica, in particolar modo al rock e al punk. Julien è famoso nel suo ambito per aver diretto alcuni tra i più bei documentari sul Rock and roll e i suoi figli, tra cui l’ indimenticabile Joe Strummer. The future is unwritten. Il documentario racconta la vita di Joe Strummer cantante e chitarrista della mitica band punk rock britannica The Clash. Il regista rock con questo docu ci regala un intenso omaggio alla rivolta bianca auspicata da Joe, mettendo a nudo pregi, errori e difetti di un grandissimo artista (e amico), ormai diventato mito e leggenda. Il TFF ha così deciso di consegnare a Temple il Gran Premio di Torino per il suo lavoro e il grande connubio tra cinema e musica. Alla premiazione è seguita la proiezione del suo documentario del 2000, The Filth and the Fury, sulla breve, ma intensa carriera di uno dei gruppi punk più influenti della storia: i Sex Pistols. Nella sezione ritratti di artista sempre per rimanere in tema musicale è stato presentato 20,000 days on Earth di due artisti della scena sperimentale inglese specializzati nel ricreare concerti del passato, Ian Forsyth e Jane Pollard. Insieme hanno messo in scena una giornata immaginaria di Nick Cave durante l’ideazione del suo disco Push the Sky Away. Il film è un’opera intesa e innovativa, il cui risultato è un affascinante ibrido, tra documentario e finzione, che traccia un percorso tra i meccanismi insondabili del processo creativo.
Uno dei film più attesi del festival è stato The Homesman di Tommy Lee Jones, già presentato al Festival di Cannes. Jones con questo film pone una grande riflessione sull’importanza del cambiamento attraverso piccoli e grandi eventi del quotidiano, dando vita ad un western (atipico) ricco di sguardi e gesti che spiazzano e commuovono allo stesso tempo.
Dalla Francia arriva l’ultimo film di Mathieu Amalric, La Chambre Bleue, un’opera intensa e sublime che restituisce con grande maestria le atmosfere di uno dei romanzi più rarefatti di Georges Simenon. Dopo Tournée, Amalric si conferma un autore capace e da sempre attento ad individuare storie di personaggi alla deriva, che si lasciano trasportare dal flusso della vita, senza comprendere per forza la ragione.
Tra i nuovi talenti proposti dal TFF colpisce Josephine Decker una giovane videoartista, performer e regista statunitense. Questa nuova autrice è considerata una delle registe indie più promettenti; il suo cinema lavora sulla natura, sui volti e sulla dimensione onirica e emotiva, mescolando sapientemente suggestioni letterarie e caratteristiche de più recenti indie americani, ricercando una dimensione estetica personale dai tocchi surreali. Accostata a David Lynch e Terrence Malick, la Decker ha esordito nel 2013 con Butter on the Latch, seguito nel 2014 da Thou Wast Mild and Lovely. Il primo è un thriller-horror che vede protagoniste due amiche che frequentano un corso di cultura balcanica in un bosco californiano (Mendocino); il secondo racconta la storia dell’attrazione tra un giovane che lavora in una fattoria del Kentucky e la figlia del proprietario. Il TFF ha presentato tutte le sue opere compresi i corti Balkan Camp e l’applaudito cortometraggio Me, the Terribile.
Tra i film in concorso è doveroso menzionare lo splendido Violet di Bas Devos. Il film racconta dell’impossibile rielaborazione di un lutto per il giovane Jesse, attraverso immagini stilizzate e ipnotiche (fra Gus Van Sant e Egoyan). Violet gioca totalmente di sottrazione trasformando il dolore in esplosioni silenti fra cinema e video arte, privando lo spettatore di ogni retorica e giudizio, e anche se i toni sono distaccati e non lasciano spazio di visione allo spettatore, il film riesce comunque a essere empatico ed efficace grazie alla grande potenza evocativa/emotiva delle immagini. A completare questa ricchissima edizione è stata la bellissima retrospettiva sulla New Hollywood e Giulio Questi.
Articolo del
04/12/2014 -
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