Terzo capitolo (spezzato a metà, come mercato docet, tra un anno l’ultima dose) per l’interessante saga young adult dei Giochi della Fame. Acchiappando riferimenti e citazioni che vanno dalla mitologia greca al cinema giapponese, il mondo di Panem (futuribili Stati Uniti) continua la sua parabola dall’inedia alla speranza della rivoluzione.
La nostra eroina Katniss si ritrova per la prima volta libera dalle grinfie della spietata mondovisione dei giochi che celebrano lo status quo, nel sicuro (?!) rifugio dei ribelli dell’ex Distretto 13. Tuttavia, con l’amato Peeta catturato e convertito dal sadico Presidente Snow, e con la sua fama di eroina del popolo ai massimi livelli, dovrà fare i conti con l’imminente guerra partigiana e, soprattutto, con nuovi, indesiderati plotoni di telecamere.
Come spesso accade quando un capitolo finale viene segmentato, spesso a forza, in due tronconi, si tende a concentrare l’azione e la risoluzione del tutto nella seconda metà. Anche per Il canto della rivolta Parte I è così: quello che resta principalmente di questa pellicola è lo psicodramma della protagonista, che vive il disagio della lontananza dall’amato in un claustrofobico rifugio sotterraneo, la distruzione della propria terra, e la riluttante investitura a Capitan America della Panem liberata da parte della propaganda rivoluzionaria.
Non va mai dimenticato però che Hunger Games, come i suoi più o meno illustri predecessori (il maghetto e i vampirelli) è in fondo un Bildungsroman, volto a rappresentare la crescita e l’ingresso nell’età adulta di un eroe adolescente. Qui abbiamo del materiale, penso, inedito: una ragazzina a cui viene chiesto addirittura di iniziare una rivoluzione, di divenire un simbolo, aprendo tra l’altro un fecondo dialogo tra ciò che succede sullo schermo e la percezione dei personaggi di finzione nel nostro mondo di spettatori. E in tutto questo sempre le lenti delle telecamere vere protagoniste, come membrana tra due realtà, proprio come uno schermo cinematografico.
Il pregio della moderna saga di Suzanne Collins è quello di avere inserito questa riflessione mediatica veicolandola in una giovane figura positiva, sospesa in pericolo, quanto significativo, zapping tra guerra filmata e reality show. E la versione cinematografica prosegue bene, al sincronizzato passo sicuro dei due Lawrence (la neostar carismatica e insospettabilmente brava Jennifer, e il sempre visivamente interessante regista Francis). Tra un anno ne tireremo le fila...
Articolo del
07/12/2014 -
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